La poesia di Vera Bonaccini è una denuncia, una cronaca dei fatti affissa come manifesto ed esposta ai lettori con indignata ironia. Non esistono giri di parole nei suoi scritti ma il quadro di una società succube dell’apparire, dei riti modaioli, dello sfoggio di un involucro patinato dove non si “sussUrla” per non rovinare i ritocchi del bisturi sulle labbra. Dove anche Dei ed eroi della mitologia scendono dall’Olimpo per genuflettersi al dio del consumismo, mischiandosi alla mondanità. (Laura Di Marco)
un requiem per i mesi in cui fa caldo
e Maya si è dimenticata
il velo sull’ultima corsa
della 90 a Piazzale Lotto
una Domenica notte ubriaca
di fine Maggio
senza le scarpe a combattere l’asfalto
e Giano bifronte
si fa i selfie bipolari
sushi vegano con la camicia bianca
[quella nera per gli amici neonazisti]
all’ora dell’aperitivo è ancora Aprile
e fioriscono le milf e il botulino
Prometeo promette arrogante
la Conoscenza dai cartelloni elettorali
e il fuoco purificatore senza pietas
per i nemici della Patria e della Mamma
ed è già Giugno e si muore col sorriso
Poseidone sfoggia raggiante
la Bandiera Blu che si è appena tatuata
e ammicca alle turiste provocanti
allontanando i clandestini con la mano
e viene Luglio
sudando l’ansia in discoteca
Anansi racconta puttanate
alle famiglie che aspettano il traghetto
in fila come bestie sotto al sole
rabbia compatta
ripiegata ad infradito
ed ecco Agosto
ed è la vita che si ferma
pigiata stretta attorno a un ombrellone
Ma poi a Settembre ecco Kalì
spendere miliardi in manicure
la green economy – la beauty farm
e gli oli per capelli alla sirena
per sgomberare gli abusivi dall’altalena
e Maya ritrova il velo
al Parco Lambro
un pomeriggio di un mese a caso
steso su un corpo
e si allontana lentamente pedalando
fischiando un requiem
per i mesi in cui fa caldo.
[da Little town blues, di prossima uscita per Matisklo Edizioni]
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