L’ANIMALE CHE HO IN TESTA
L’animale che ho in testa bussa forte, mi scrolla
mi fa strane proposte, mi molesta i pensieri
con visioni indecenti, tremolanti istantanee
si contorce nei gangli, ne fa scempio, sfracella
crude crune divelte da un immane fracasso
sfonda a pugni i miei freni, s’accapiglia a grovigli
di serpenti ingrippati sotto piogge di fischi
e di fiaschi sfiatati che disfano e sfanno
il tormento incessante di chi si raccomanda
di ben spegner la luce e di tirar la catena
tesa al collo di schiavi prostrati in ginocchio
che allo specchio non danno nessun peso né tregua
porgon proni la guancia agli schiaffi a capriccio
di signore indignate dalle unghie affilate
lascian graffi di smalto, bende nere sugli occhi
da veder sarà poco se non schizzi di spilli
e sudore rappreso, molto poco sul serio.

L’autrice precisa che la frase citata nell’opera è tratta dalla canzone “Animale di Zona” dei Litfiba. La sfumatura su scala di grigi indica il passaggio del tempo, il cielo stellato indica la magia di un nuovo incontro in un luogo senza spazio né tempo. L’artista ha voluto immortalare l’impressione viva che rimane nel cuore di ogni viaggiatore e la bellezza rivelata di spalle agli occhi di un tenero amante a cui la donna regala sguardi di speranza ma anche parole di spine.
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