Strade, rotaie, ferrovie … sono quelle che scorrono negli scritti di Enzo Lomanno.
Stazioni dei treni intese come punti di arrivo, partenza o tappa intermedia, in un percorso esistenziale all’inizio del quale consapevoli del doverci spogliare di qualcosa, che siano affetti, ritmi, abitudini, ci sentiamo nudi ed inermi di fronte all’incognito. Dove speranza o fine non sono la direzione ma noi stessi, perché come Pessoa diceva: “I viaggi sono i viaggiatori“. E durante questo saluto, l’ultimo a lasciarci perché nell’olfatto risiede il senso più antico e primordiale, è l’odore familiare della propria terra.
Laura Di Marco
STRADE
Non avermene se
ho raccattato merda dalle lusinghe,
se, dal per sempre felici d’ ossidiana
ho scorticato principi edulcorati
di sifoni cardiaci e deviatoi.
Se
Le strade, loro amo, quasi come cielo
Manifeste, in pozzanghere fuorvianti
e fango che lercia respiro.
Non avermene se
Non credo in te, poiché
non l’ho fatto mai
Io credo
al giusto marciapiede
Alle giuggiole asfaltate
di quartiere.
Al me
che ancora brama
sui sogni elevati
di una ferrovia
ORE 7.00
Così, innanzi a me
lo stesso binario di sempre
[Una fermata,
mozziconi antichi riversi
tra una traversa e l’altra
e poco di più]
Qui
attendiamo il treno
tutti, nudi e disarmati
Qui
siamo la speranza
per la prossima stazione
o la fine
di qualche viaggio
in bocca a un capolinea
DELL’AMATA TERRA
Dell’amata terra
salutai le radici estese
Quella forza e quel calore
sprofondato nella terra
E Fui
l’incudine tra i martelli pesanti,
nel distogliermi dal mondo.
Fui quell’odore che spesso ci sovviene
all’abbandono d’una croce terrena.
Fui quell’odore che spesso ci sovviene
nell’acre ingiustizia degli agnelli
[Sacrifici posti a commiato
d’un vivere sereno].
Salutai
Salutai la casa con una mano sul cuore
nel semplice delle ghirlande estive
Attraversando il libeccio che a sud ovest
tingeva già di me catrame
Salutai
Salutai senza volto e senza respiro,
quel profumo d’albicocco
che ancora ornava
i miei capelli
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