Il doppio vuoto di una madre-Medea descritta dai suoi figli e di una bambina lasciata sola; uno scenario apocalittico scatenato da forze aspre e feroci. Monia Minnucci ci guida attraverso le sue visioni tutte al femminile di Vuoti emotivi ed affettivi in cui i colori si mescolano tra il bianco e il nero in una tavolozza di grigi. (Alessandra Carnovale)
Medea
Dietro le orme,
il tuo volto si spegne,
sento ancora il profumo delle campane.
La luce del sole era nuda
e le parole non esistevano.
La tua fronte,
un labirinto d’amore,
troppi solchi e paure
nell’ignoranti favole anziane che,
tic – tac,
segnavano le ore.
Ti parlo ogni sera,
ma non odo il palpito dei tuoi lutti,
il fragore degli occhi rossi e affranti
a schermo degli affanni.
L’impronunciabile attrazione per la vita di quartiere
e tu che mi lasciavi sola,
sulle giostre a singhiozzare.
Spesse volte t’ho lasciata andare,
ancor più spesso t’ho vista tornare,
senza capire cosa vuol dire amare.
Povera Medea!
I figli che hai perso,
sono le pagine di chi ti ha descritto.
Vuoto d’ombra
Ho ancora un cuore
che traccia coordinate incomplete,
ferisce la linea buia d’orizzonte
e stipula contratti a breve o media scadenza.
Ho ancora una gradinata da salire,
un’altra farsa da interpretare,
un tappeto di sangue da stendere,
una mano da riverire e molte sagome in azione.
Ho visto qualcosa di aspro e feroce come l’amore.
Ho dovuto uccidermi sulla soglia per poter entrare
e quando il mio doppio ha vagito,
Il mare è impazzito nell’occhio di fuoco
e molteplici mali si sono sgranchiti le ossa,
un corvo nero volteggiava nella testa.
Quando vidi quel cielo di gesso e sudore
saggiai le nuvole della dannazione,
brucavano fiere sulla mia inanità
crocifissa a terra
come una lotta inutile e nascosta,
come spegnere una voce,
neanche esistevo.
Due parallele di pensiero,
due linee di condotta,
molti marchi di fabbrica,
qualche buona intenzione,
molte più sepolture
… Dimmi, ho ancora un cuore?
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