In questi versi Flavio Scaloni si interroga sul nulla e sul tutto della vita, sul suo continuo, enigmatico mistero quotidiano, che a volte può racchiudersi anche soltanto in uno sguardo, in un gesto, in un incontro, in un pensiero improvviso, nel profumo di un fiore. È da questi momenti fugaci e silenti, da queste pause sospensive della mente, che spesso sgorgano i suoi versi, il loro potere “fantastico”, la loro forza meditativa e occulta, e infine – ma non alla fine – quell’intenso desiderio panico che spinge lo scrivente come a volersi fondere nella coinvolgente bellezza del creato e della creatività, quasi in una sorta di danza di cui la stessa poesia è forza, ritmo e grazia. Mi viene in mente Goethe che in un punto della sua opera definisce la grazia come la bellezza in movimento. Da qui, una specie di “annullamento” fisico dell’essere pensante, al fine di diventare lui stesso pura essenza della Natura. Come pure la surreale e mercuriale visionarietà di questa poesia che, a mio avviso, trova la sua maggiore forza espressiva proprio nel saper cogliere l’eterea vaghezza che sottende quei momenti ispirativi, il loro magico e inafferrabile centro-motore, il loro fluire iterativo (l’epanalessi è, di fatto, la figura retorica più frequente utilizzata da Scaloni) – in ciò anche sulla lunghezza d’onda delle tecniche tantriche -; infine, la “fragilità” dell’approccio verso di essi, fragilità che però ne costituisce anche la forza interiore, la sua sublime enérgeia. […] Ma il meglio di questo libro lo si riscontra quando Scaloni si lascia andare, del tutto liberamente, alle sue trasognanti rêveries, in particolare quelle che si muovono tra leggerezza (di palazzeschiana memoria) e flessuoso crepuscolarismo, con un che, qua e là, perfino di volutamente, narcisisticamente “teatrale”. E forse, in ultima analisi, è la capacità di fantasticare, propria di Scaloni, l’essenza centrale della sua poesia, in felice evoluzione.
dalla postfazione a cura di Luigi Fontanella
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“Ho letto la sua raccolta con vero piacere, a cominciare dalla poesia sul quadro di Klein.
Grazie per questa lettura così spigliata e intensa.”
Valerio Magrelli
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Quando guardo
un quadro di Klein
riscopro
di essere parte
di un tutto blu
in cui la tela
non ha cornice.
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Con i pesi alla cintura
e la bombola sul dorso
plano
-lentamente-
nello scuro dell’abisso.
So
che a molti metri
di profondità
vedrò avvicinarsi
imponente inospitale
il relitto
della mia innocenza.
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