Legami d’amore: fili, nodi, intrecci, tessiture tra mito e poesia

Houses-of-Art-Marbella-Art-Gallery_HoA_Artist_Afro_Basaldella_tormarancio_1974
Tutte le opere presentate in questo articolo sono arazzi di Afro Basaldella (1912 – 1976), tra i massimi esponenti dello stile Informale.

Nel Tao-te ching il filosofo cinese Lao Tzu scrive: “una buona legatura non ha bisogno di corda e di nodi / eppure nessuno può scioglierla”. Tuttavia il nodo, il filo, è ciò che da sempre simboleggia l’unione d’amore. Il filo è un simbolo che troviamo ovunque, a partire dalla mitologia cinese con l’antica leggenda del “Dio del Matrimonio e il Filo Rosso del Destino” (Tao Tao Liu Sanders “Dei, Draghi e Eroi della Mitologia Cinese“) in cui il vecchio che si occupa dei matrimoni risponde così al giovane che gli chiede cosa ci sia nel sacco che porta in spalla: “Filo rosso per legare i piedi di mariti e mogli. Non lo si può vedere, ma una volta che sono legati non li si può più separare. Sono già legati quando nascono, e non conta la distanza che li separa, né l’accordo delle famiglie, né la posizione sociale: prima o poi si uniranno come marito e moglie. Impossibile tagliare il filo.”
Da questa leggenda forse è nata anche quella giapponese del filo rosso del destino secondo cui ogni persona quando nasce porta un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Seguendo questo filo si può trovare la persona che ne porta l’altra estremità legata al proprio mignolo: essa è la persona cui siamo destinati, la nostra anima gemella.
Le due persone così unite, prima o poi, nel corso della loro vita, saranno destinate ad incontrarsi, e non importa il tempo che dovrà trascorrere prima che ciò avvenga, o la distanza che le separa, perché quel filo che le unisce non si spezzerà mai, e nessun evento o azione potrà impedire loro di ritrovarsi, conoscersi, innamorarsi. Nella storia del mito era noto, come è visibile in alcuni quadri, che le donne tagliassero il dito mignolo al fine di poter rimanere fedeli ai propri mariti, o era usanza, tagliare nel sonno i mignoli dei propri innamorati per impedirne il tradimento. In altre versioni invece, era usanza tagliarsi il dito mignolo per liberarsi da “ogni legame”.20375-Afro_Arazzo
Il filo e la tessitura hanno però la loro grande importanza anche nella mitologia classica greca e latina. Non il famoso filo di Arianna, non solo le Moire: Andromaca, Penelope, Lisistrata, Prassagora sono testimoni di una sapienza femminile che è anche iniziazione simbolica alla vita pubblica oltre che metafora del destino dell’uomo.
La letteratura si è confrontata continuamente con questo topos e anche la poesia nei secoli è stata testimone del nesso tra destino e filatura, tra nodo, intreccio e legame d’amore. Il nodo è il luogo simbolico dell’unione espresso in modo indimenticabile in una delle più famose liriche cinesi che la cultura occidentale ha ampiamente apprezzato:

Chi dice mai
Che sono io che lo voglio
questo distacco, questo viver lontano da te?
le mie vesti odorano ancora dello spigo che mi donasti,
la mia mano tiene ancora la lettera che m’inviasti,
intorno alla vita porto sempre una doppia cintura;
sogno che essa ci lega entrambi in un unico nodo.
Non lo sapevi tu che la gente nasconde l’amore
come un fiore troppo prezioso per essere colto? *

Il nodo come simbolo di legame sia carnale che spirituale trova la sua collocazione in diverse culture, in India questa dualità è espressa anche in versi:

Quando l’amato s’accosta al letto
per incanto si scioglie da solo
il nodo della mia gonna…
Di questo soltanto sono certa, amica mia:
fra le sue braccia non so più ricordare
neppure un poco… chi sia lui e chi sono io
né quale amore stiamo facendo o come.**

Houses-of-Art-Marbella-Art-Gallery_HoA_Artist_Afro_Basaldella_PonteDeiPugni75Due secoli dopo Rabindranath Tagore in Dono d’amore ci lascia una commovente testimonianza di un legame d’amore che passa, anche qui, dal filo. Probabilmente in questa poesia Tagore si riferisce al mauli/mouli o kalava (il cui significato letterale è “sopra tutto”) un filo di cotone rosso che gli Indù usano legare sul polso all’inizio di una cerimonia religiosa. Una particolare occasione in cui viene offerto il mauli è durante il Rakhi Festival, rituale in cui si celebra il legame tra fratelli e sorelle per riaffermare l’amore, la cura, la protezione, l’ammirazione, il rispetto e il legame di sangue. A Jorasanko nella casa del Poeta era vissuta, sin dall’età di otto anni, secondo il costume indiano per le spose, Kadambari, la cognata, donna di grande cultura e bellezza. Gli era cresciuta vicino ed era la sua compagna di giochi. Si suicidò quando Tagore, obbedendo all’imposizione del padre, accettò di trasferirsi in un’altra abitazione. Quello della cognata fu un gesto disperato, del tutto incomprensibile per la mentalità e la religiosità induista. Per tutta la vita il Poeta porterà con sé il dolore di questa perdita, sentendosene responsabile. La moglie gli rimane pazientemente accanto donandogli cinque figli, poi muore a soli ventinove anni. Da questo momento una serie di lutti, tra cui quella dei due figli piccoli, segna profondamente l’esistenza del grande filosofo indiano. Dalla sua personale esperienza d’amore e di dolore Tagore lascia sgorgare le stupende liriche che hanno nutrito la mente e il cuore di generazioni di lettori:

Quando arrivò il momento
in cui dovevamo salutarci,
come una nuvola che
solennemente scenda,
ebbi solo il tempo di legarti
il polso con una cordicella rossa,
mentre le mie mani tremavano.
Ora, mentre sbocciano i fiori di mahua
siedo da solo nell’erba
e mi vibra dentro una domanda:
«Hai ancora la mia cordicella rossa?» ***

Ancora duecento anni dopo Giambattista Marino compone questo bellissimo madrigale usando una metafora che riguarda sempre il filo e, stavolta, anche il ricamo. L’ago dell’amata ricamatrice diventa uno strale che passa e punge il cuore del poeta; nello stesso tempo il filo sanguigno che essa con tanta perizia tira è lo stame della vita dell’innamorato. Un’immagine domestica diventa, così, occasione per trattare ingegnosamente l’amore e la morte:

 È strale, è stral, non ago
quel ch’opra in suo lavoro
nova Aracne d’Amor, colei ch’adoro;
onde, mentre il bel lino orna e trapunge,
di mille punte il cor mi passa e punge.
Misero! E quel sì vago
sanguigno fil che tira
tronca, annoda, assottiglia, attorce e gira
la bella man gradita
è il fil de la mia vita. ****

Anche oggi i poeti si confrontano con la metafora del filo. Il legame è qualcosa che diventa prezioso solo se viene sciolto da Afro-Basaldella--chi ama e Vivian Lamarque, in Poesie 1972-2002, riesce a ben sottolinearlo con il suo consueto candore:

Con un filo d’oro la vorrei a me legare.
Poi, come prova d’amore, la vorrei
per sempre liberare.

Nuovo invece il modo di intendere la metafora della tessitura in linguaggio d’amore per un’altra poeta contemporanea. Ninnj Di Stefano Busà (Eros e la nudità) rinnova l’accezione classica di tessitura come simbolo del destino legandola a un significato più profondo di rinascita spirituale attraverso il desiderio e l’unione carnale dei corpi degli innamorati:

Solo un guizzo di luce nel tuo sguardo
un lampo in cui vi ammutolisci
il vento di soavi piaceri, di stordimenti.
Qui è la spola, qui l’arcolaio per tessere la tela,
dalla nostra carne sboccerà l’aurora.

Termina qui, con una citazione di Shitao che intende suggerire altre visioni, il lungo percorso poetico che, attraverso i secoli, ci ha legato alla metafora, al mito, al filo che unisce tutte le cose: «Lungo la mia Via vi è un filo che tutto unisce» (Sulla pittura, L’unicotratto).

* Wu-TI dei Liang, 464-549 d.C., da Liriche Cinesi** Amaruka Centurie d’Amore, India, VII secolo
*** Rabindranath Tagore, Dono d’amore
**** Giambattista Marino, Donna che cuce

Valentina Meloni

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*