
Il piacere è limitato, sempre. Nel senso che devi vederne il confine per provarlo. Senza limiti, il desiderio si dissolve, e si alimenta invece se contenuto. Più il limite è stretto, più brucia il percorso che dal cuore arriva al suo battito. Solo sbattendo contro i bordi, i sensi risuonano, ripercorrendo, in senso inverso, il moto dell’anima. Si scatenano i desideri solo nei sogni, che infatti rispondono a logica smisurata, mentre nella realtà sono proprio le catene a liberarli. Risiede in questo potere del limite il fascino del Bondage, non nelle pruriginose – e quindi puritane – sfumature di colori metafora di esistenze sfinite. Cosa più del laccio scatena incatenando, libera stringendo, provoca limitando, accende fermando, accelera immobilizzando? Nel solco che disegna sulla pelle, il laccio significa quel limite creativo che solo permette l’espressione profonda del desiderio, che altrimenti evapora nell’infinito delle voglie senza bordi e quindi senza oggetto, senza sponde da toccare. Stringimi, chiede l’amante all’amato, più forte, quasi a spezzarmi il respiro, come se il confine tagliente potesse restituirci quell’energia primigenia che fa dell’eros il motore immobile della nostra esistenza. Corpi incastrati, che sfregano sui bordi, di parole e di carne. E cos’è allora il legame se non la realizzazione tattile e visiva di quel limite che contenendo spinge all’estremo confine il soffio vitale? Come sempre, Diwali propone rappresentazioni artistiche. In questo numero, vi invitiamo a leggere i contributi raccolti come sponde in forma di confine – lacci, legami e nessi – che è condizione di esistenza del desiderio.
Diwali – Rivista contaminata
Lascia un commento