Florilegio di angeli caduti, feriti, esiliati dal paradiso sono le ballate di Guido Ceronetti. Come nell’omonimo quadro di Simberg, dal quale trae spunto la raccolta, una processione di personaggi umili e chiari, di vittime della storia e illustri carnefici, d’agnelli sacrificali ed efferati assassini sfila davanti ai nostri occhi sorretta da una compassionevole barella di versi, ad accompagnamento le discrete melodie di un organo di Barberia.
“Essenze dai cardini strappate”, afflitte da “orfanità di luce”, queste voci compongono un’eterogenea moltitudine che per le strade del mondo intona un canto rivolto all’umanità tutta. Ad accomunare i personaggi, soldati in guerra e vittime della barbarie nazista, artisti tormentati e pittori afflitti da melanconia, mistici e sedicenti maghi, è la frattura inferta al sistema di regole del consorzio civile, che si compie attraverso una violenza subita, una violenza perpetrata, il tormento del genio creativo. Portatori di una differenza radicale che li isola e li emargina rispetto al resto della società, incarnano un’esperienza traumatica e abnorme, ossia “fuori dalla norma”, minimo comune denominatore di “patimenti al di là del nome [che] alla mente non si raggruma il comprendere”.
I microtraumi si coagulano in un macrotesto rappreso, di grande impatto emotivo, suddiviso in due parti: L’angelo ferito canta e narra per strada le sue storie e L’angelo ferito sommessamente chiede aiuto e lo dà. Attraverso il canto, dunque, l’angelo ferito traduce in versi il dolore della propria esperienza, coinvolgendo intimamente il lettore. Difficilmente questi resterà indifferente al grido disperato di Eluana Englaro, “priva di morte e orfana di vita”, o alle “fosche sfingi” evocate dal “mattatoio infinito” della guerra, o al “fondo d’inferno” scoperchiato dall’uomo-non-uomo nella strage della scuola di Beslan. Lontano da qualsiasi giudizio, il cuore poetico dialoga con le molteplici estrinsecazioni della (dis)umanità dell’uomo, ricettacolo d’innocenza angelica ed efferatezza demoniaca, e dà voce a chiunque, alle umili comparse come ai protagonisti della storia, senza morbosità ma con profonda, sensibile delicatezza. Alle petit récits dei casi di cronaca nera, dall’infermiere ucciso da un amante per pochi spiccioli al delitto efferato di Novi Ligure, fino al tentato suicidio d’una pornoattrice, viene accordata la stessa dignità che si riconosce alle grand histoires, alle “voci spente” che “non scoloriranno” dei deportati di Umschlagplatz, ai dimenticati fantasmi della famiglia Romanov, trucidata e gettata “come una lepre morta tra gli spini”, al kessel di Stalingrado, dove tradita è “la legge del cosmo”. Nella seconda parte, più composita nei motivi ispiratori e nelle tematiche, la voce versificante si apre a riflessioni di più ampio respiro, fino a descrivere l’”odore di rose morte [che] è bocca del suono d’api delle costellazioni”.
La raffinata lingua poetica di Ceronetti si accorda al ritmo delle ballate. Indicazioni mimiche, prosodiche o interpretative ed espedienti fatici, tra cui schemi metrici e allitterazioni, contribuiscono a dar vita al verso, che dalla carta spicca facendosi musica pura, semplici accordi di rime arpeggiati con la modestia del musicante di strada. Nel pregevole CD che accompagna l’edizione, Sulle rotte del sogno, si possono ascoltare alcune ballate tradotte in musica. Sui brani di Luca Mauceri le attrici e gli attori del Teatro dei Sensibili interpretano questi e altri testi di Ceronetti.
Fondamentale è quindi il recupero della tradizione orale e del teatro di strada, “salvezza del teatro” e, aggiungeremmo noi, con licenza di parafrasi, del mondo. La narrazione orale non si presenta solo come strumento per tener viva la memoria collettiva e quindi salvare dall’oblio le storie dei grandi personaggi e del popolo minuto, ma diventa veicolo per la costruzione di un nuovo concetto di comunità, una comunità che sappia promuovere una rinnovata pietas e aprirsi alla comprensione dei vinti: accogliendoli, prendendoli con sé e riconoscendo in essi la propria (dis)umanità.
Michela Pistidda
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