La Sedicesima InSistenza

La Morte è comunque, nonostante tutto, una cosa seria, che si presta però alle più diverse interpretazioni, ai più inaspettati sviluppi, alle più stravaganti suggestioni. Meritava quindi, questo numero di Diwali, una serie di saggi che affrontassero il tema in modo allo stesso tempo rigoroso e stimolante, dando soprattutto una serie di spunti nuovi di riflessione su un mistero sul quale, che lo vogliamo o meno, saremo portati a fare i conti fino all’ultimo istante…

Perché …Chi porterebbe fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?”

C’è una porta socchiusa davanti a noi che ci suscita allo stesso tempo curiosità e terrore. Il nostro intuito ci segnala che “oltre”, saremmo al cospetto di una realtà inquietante; così, attratti e impauriti, esitiamo sulla soglia, timorosi di varcarla.
Ma ecco che questa, all’improvviso, si apre e ci troviamo al cospetto di una sfilata di moda, a cavallo degli anni zero, una collezione di successo, frutto del sodalizio tra la giornalista Isabella Blow e lo stilista emergente Alexander McQueen (Flavio Scaloni). In tema di Abito Oscuro, la nostra prima apparizione non avrebbe potuto essere più pertinente.
D’un tratto sentiamo delle grida di incitamento e davanti ai nostri occhi si materializza la scena di una corrida. Siamo nella Granada della prima metà del ‘900 di Garcia Lorca, poeta cantore dell’innocenza, dell’eros e della morte, vittima di assassinio e destinato, nelle intenzioni dei suoi uccisori, alla damnatio memoriae (Valentina Meloni).
Ma, di nuovo, un’altra entità prende forma, mentre ancora abbiamo nelle orecchie lo scoppio della guerra civile spagnola: un nuovo conflitto si è consumato, questa volta la Seconda Guerra Mondiale, contribuendo ad influenzare la pittura informale di Hans Hartung (Gioele Marchis), con i suoi segni neri come sciabolate, deflagranti come l’esplosione di una granata.
Un fumo denso riempie adesso l’ambiente e, man mano che si dirada, ci si palesa una diversa ambientazione: sotto lo sguardo millenario della stele funeraria di due sorelle ateniesi, Demetria e Pamphilè, sono rievocati gli antichi riti legati a Demetra e sua figlia Kore/Persefone (Simone Scaloni) e il connesso ciclo di morte e rinascita della terra, mentre all’orizzonte si intravedono navi alla deriva e si odono urla disperate di marinai affamati… Ci assale, quindi, un brivido di orrore: laggiù, lontano, su quegli scogli o su quelle imbarcazioni di fortuna, come “La zattera della Medusa” raffigurata da Géricault, si sta consumando la cosiddetta “usanza del mare” (Giuliano Conconi), cioè la pratica del cannibalismo tra naufraghi.
Le grida mutano in un canto funebre e davanti ai nostri occhi sfila un corteo, mentre qui e là baluginano immagini, alfabeti, opere modulari, in un ciclo continuo di decomposizione e ricomposizione: è l’ultimo saluto all’artista greco Jannis Kounellis, deceduto di recente e a cui anche Diwali (Lucio Costantini) vuole rendere omaggio, per tornare dove tutto è cominciato.

Ma vedo che è tempo ormai di andar via, io a morire, voi a vivere. Chi di noi avrà sorte migliore, nascosto è a ognuno, tranne che al dio.”
Shakespeare, Amleto
Platone, Apologia di Socrate

Alessandra Carnovale

per la lettura dei saggi presenti nel numero, vi rimandiamo alla versione pdf della nostra rivista.

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