‘Il trauma è separazione e lacerazione. Nasciamo tutti da una ferita. Ma senza quello strappo, non esisterebbe differenziazione e resteremmo per sempre immersi nel liquido amniotico della Grande Madre. La creazione, come la generazione, origina da un trauma, evento drammatico quanto necessario alla fecondità, biologica e artistica. La separazione consente il passaggio alla pluralità di parti in relazione tra loro.’
Un nesso tra arte e biologia è ben evidente in Giorgio Giardina (testo a cura di Helmut Schilling), la cui poetica è fortemente influenzata dalle dinamiche che intercorrono negli organismi viventi e fra di essi, dal perpetuo fluire e trasformarsi della vita, in un movimento dove distruzione e creazione sono parti inscindibili dello stesso processo.
La ricerca artistica porta invece Wolfango Telis (a cura di Isadora Keelehan) al superamento di un linguaggio, una “perdita” in senso figurativo che diventa altresì un arricchimento di contenuti e materiali, al punto che l’artista preferisce parlare di superamento piuttosto che di perdita e le cui opere, fortemente plastiche, si impreziosiscono degli elementi fondamentali della cosmogonia classica. Una ricerca artistica che è soprattutto ricerca di materiali.
Ancora con una commistione tra scienza e arte, Geremia Doria ci ricorda un esperimento scientifico, l’esperimento Milgram, messo poi in scena come performance artistica da Rod Dickinson.
Infine, Valerio Francola, con l’opera di Jean Michel Basquiat, illustra come l’artista sia stato in grado di trasformare in arte il vissuto di indifferenza, emarginazione e discriminazione elaborando uno stile personale e innovativo.
Traumi che diventano nuovi modi di fare arte.
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