
Il disorientamento nello iato tra ideale e reale: decostruzione e ricerca dell’identità di genere
Sono passati quasi quarant’anni dalla pubblicazione di The Passion of New Eve, e trent’anni esatti dalla sua prima traduzione italiana per i tipi Feltrinelli con il titolo La passione della nuova Eva. Rileggere e far leggere oggi questo romanzo potrebbe dare un nuovo impulso al dibattito di genere, rimettendo sul tavolo gli interrogativi che si snodano attorno alla costruzione dell’immagine della donna.
È un vero peccato che questa eccezionale scrittrice, prematuramente scomparsa nel 1992 e ancora oggi acclamata nel panorama internazionale, alchimista della parola e sapiente narratrice dalla fantasia iperbolica, in grado di affrontare con levità e impegno argomenti delicati e tematiche spinose, non riesca ancora a trovare uno spazio adeguato presso il pubblico italiano; complice, va detto, lo scarso numero di traduzioni in circolazione.
La passione della nuova Eva segue le vicissitudini di un giovane insegnante inglese, Evandro, innamorato fin da bambino dell’attrice e femme fatale per antonomasia Tristessa de St. Ange, nel viaggio picaresco che lo porterà ad abbandonare una New York distopica, assediata da bande di guerriglieri che rivendicano i diritti dei neri, degli omosessuali e delle donne, e ad attraversare la distesa sterile del deserto dell’Arizona dove verrà rapito dalla comunità di amazzoni della città sotterranea di Beulah, la città della Grande Madre. Qui Evandro, tramite un processo di psicochirurgia avanzata, una tecnologia impastata di mito e altissima scienza, perderà una parte di sé, la parte maschile (andros, in greco, significa uomo), e secondo i piani della Grande Madre, una creatura che non è simulacro ma sussume simbolo e realtà, diventerà la nuova Eva per riattivare la partenogenesi archetipica e dare origine con il proprio stesso sperma a una nuova progenie.
Di fronte alla Grande Madre, Evandro viene invaso dal timor sacro. L’orrore scaturisce di fronte al reale, ossia quando l’uomo vede smantellati i costrutti simbolici e i discorsi con cui ha tentato di idealizzare la donna, di espellerla dalla realtà, di trasformarla in un’astrazione, dunque facile da assoggettare, dominare, sottomettere. La dimensione naturale del femminile appare terrificante in tutta la propria potenza anche perché in grado di dare la vita. La Grande Madre era “Madre; ma troppo madre; un essere femmina tropo grandioso, troppo volgare per la mia povera immaginazione”, perché rappresentava una “fertilità bastante a se stessa”; ovvero, non partorita dal maschile ma interamente autocostruitasi.
Al polo opposto c’è Tristessa de St. Ange, la diva del cinema muto. Tristessa è “frammento di pura mistificazione”, esasperazione iperbolica dell’etereo femminino, “bella come solo ciò che non esiste può essere, ossessione infinita di paradossi, ricetta di perenne insoddisfazione”, tanto affascinante perché dominata da un “eroismo assurdo e tragico con il quale ella aveva saputo negare la vita reale”. Tristessa è la costruzione maschile per antonomasia, una immagine in movimento priva di carne, reale ma senza sostanza; è maschile come maschile, in realtà, è il suo sesso. Quando scoprirà la vera identità sessuale di Tristessa, Evandro si renderà finalmente conto che l’ideale femminile in cui credeva è “un’illusione nel vuoto, l’immagine vivente dell’intero sistema di ombre platonico, un’illusione capace di riempire il vuote che era in me”.
“E ora sarai ciò che tu stesso hai prodotto”: questo è il contrappasso di Evandro, ossia diventare la realizzazione delle proprie fantasie erotiche. Le rappresentazioni di genere implodono: “Mi avevano trasformata nell’incarnazione del manifesto centrale di Playboy. Ero l’oggetto di tutti i desideri che erano confusamente coesistiti nella mia mente. Ero diventato la mia stessa fantasia masturbatoria”.
Tutto quindi si articola attorno all’equilibrio dinamico tra simbolo e realtà. Il femminile viene costruito dallo sguardo maschile e si estrinseca come recita, mistificazione. Se il corpo femminile colonizzato dallo sguardo maschile è inconsistente, come quello di Tristessa, pura costruzione simbolica, la corporeità mostruosa e terrorifica del femminile rappresentata da Madre, latrice di vita e di morte, natura allo stato puro e al tempo stesso pura astrazione, sgomenta il maschile, che non è in grado di relazionarsi alla complessità di un altro che aveva preteso bidimensionale, pura estetica senza ontologia.
La scelta di ambientare il romanzo negli Stati Uniti non è dettata solamente da un intento satirico nei confronti della società statunitense (il Nuovo Mondo, appunto), ma è anche riconducibile al mito tutto americano della terra promessa, che offre infinite possibilità di autorealizzazione. Da una New York apocalittica e dalla distesa sterile e bestiale del deserto ha inizio il cammino iniziatico di Evandro, che per metafora ricalca passo passo le tappe del processo alchemico di creazione dell’oro. Dal nigredo, la materia in putrefazione, nasce la nuova Eva, la Eva futura. New York, “cuore dello scannatoio”, è una “gigantesca metafora di morte” in cui Evandro abbandona le proprie spoglie maschili per poi rinascere nel deserto come donna, prima a Beulah e poi, sotto le stelle, negli amplessi con Tristessa.
Ascrivibile al genere del realismo magico per la commistione elementi reali e di fantasia, questo romanzo è molto di più: è un inno alle potenzialità inespresse del linguaggio, uno spettacolo di pirotecnia stilistica e formale che raggiunge apici di lirismo estatico, come nel canto alla Grande Madre (“in una mano ella stringe il sole/nell’altra la luna/dal dorso si scuote le stelle”), e sprofonda nello sbocco sguaiato di grugniti cacofonici e bestiali di Zero e delle sue sette mogli, che “chiurlavano, miagolavano, squittivano, ruggivano e chioccavano”. Tratto peculiare della scrittura carteriana è anche il gusto per il pastiche e il mélange di generi, registri, stilemi, in cui trovano spazio il racconto picaresco e la narrazione mitica, la fantascienza distopica e la gothic novel, la fiaba e la commedia erotica. La trama di riferimenti intertestuali è talmente fitta da dare le vertigini. Per chi sappia cogliere le briciole disseminate dall’autrice lungo il sentiero, la delizia è infinita: ecco l’albatros di Coleridge a Baudelaire, ecco Giocasta Edipo Tiresia, ecco Wagner Tchaikovskij e Chopin, oltre a tutte le stelle del cinema che hanno conosciuto una fine tragica, da Marilyn Monroe a Lupe Velez.
Di fronte all’impossibilità di svelare l’enigma dell’identità di genere, Eva/Evandro ricorda che “il tempo dell’eros ferma tutti gli altri” tempi. La donna che era stata uomo e l’uomo che era stato donna si amano al di là della propria caratterizzazione biologica o genitale, al di là dell’identità di genere che hanno decostruito e ricostruito. Attraverso l’amore danno vita al “grande ermafrodita platonico, […] l’essere che ferma il tempo in quella eternità autogenerantesi che è l’eternità degli amanti”.
Michela Pistidda
TITOLO: La passione della nuova Eva
AUTORE: Angela Carter
EDITORE: Feltrinelli
TRADUTTORE: Barbara Lanati
PREZZO DI COPERTINA: 7,75 €
PAGINE: 194
ISBN: 9788807013010
Lascia un commento