La notte sfiorita
C’è una nebbia sottile
che ghigliottina le mani dei
combattenti del pigiama
e sviluppa polveri sfinite
da consumarsi in direzioni note e meno fiorite.
Un fiore e un arco,
un armistizio di longevità.
Posseggo ancora la mia furia
lanciata contro le infinite e svenevoli stelle,
una fionda di casalinghe e sangue,
quando l’apice delle ristrettezze si allarga
in un pietoso ghigno che vorrebbe dirsi di soddisfazione.
Vittoria!
Vittoria!
Esclamò la notte,
bagnata da ripetuti lutti
e splendidi rutti segnarono il cuore di una bottiglia vuota
che discute ancora con le rimanenze
di un incubo da dissidente.
Sfiorisce il profumo viola del rosmarino,
mi rammenta un vuoto,
un’assenza,
un lume pio in lontananza
e l’altezza sonora di un passo scordato.
Mi esibisco su frequenze putrefatte,
porto in dote un sogno vendicativo,
dovrei scontare la giacenza dei ricordi
con un paio di secoli di ulivo.
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