La mitologia erotica di Roberto Ferri

Dannazione e Redenzione in un linguaggio pittorico Cyber-Pompier

Radicalmente anacronistico e sorprendentemente attuale. Classicista vittoriano e cyber-punk romantico di ultima generazione. Accademico ligio e rigoroso da Ecole des Beaux-Arts o Prix de Rome ed enfant terrible indagatore dell’incubo,del bondage e del fetish-goth. Preraffaellita onirico e misterioso e pittore di mitologie già suggestivamente surrealiste. Elegiaco cantore del Sublime e luciferino ritrattista dell’Apocalittico, sulfureo e corrosivo quanto perlaceo e alabastrino. Sono soltanto alcune delle definizioni possibili, ardite, complesse, non di rado in aperta contraddizione tra loro, che cercano tuttavia di rendere giustizia all’ispirazione, anzi allo spirito che ha dato corpo alle opere straordinarie dell’artista Roberto Ferri.

Giovane pittore pugliese, nato a Taranto nel 1978, Ferri è già ampiamente affermato a livello nazionale e internazionale. Prodigioso per capacità e competenze tecniche, unicum evidente nel panorama artistico contemporaneo ed eccellenza indiscussa della pittura italiana degli ultimi decenni, Ferri si laurea con lode in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 2006. Si specializza nella ricerca sulla pittura antica (dalla seconda metà del Quattrocento alla fine dell’Ottocento) e approfondisce gli studi con Gaetano Castelli e Francesco Zito. Per approdare, infine, a una sorprendente fusione stilistica tra Rinascimento e Manierismo fiorentino, Caravaggismo e pittura Barocca del Seicento, Neoclassicismo eroico del Periodo Napoleonico e stilemi caratteristici dell’Accademismo francese e della pittura mitologica Pompier della seconda metà dell’Ottocento.

L’estensione del bacino di influenze che ne alimentano la portata e determinano il corso è tale che a fatica sarà possibile individuare una linea-guida principale o isolare una corrente ispiratrice prevalente. Piuttosto si tratta di celebrare in Ferri un artista fortemente strutturato e diacronico, che attraversa cioè tutte le epoche e tutte le fa sue riproponendole in un sommo compendio stilistico, un continuum temporale che giunge al prodotto finale di uno stilnovo erudito e ricco di citazioni. Difatti ci troviamo qui alla presenza di un artista d’eccezione, autentico titano dell’arte figurativa contemporanea, per così dire “multistrato” o “multilivello”. Ciò a dire che tali e tanti sono gli artisti, i periodi storici e i generi pittorici che Ferri dimostra di aver pienamente assimilato e sovrapposto come velature su velature, che chiunque voglia cercarvi qualcosa può stare sicuro che in Ferri lo troverà. Ecco allora sfilare davanti ai nostri occhi tutto il Rinascimento italiano del secondo Quattrocento e del Cinquecento, da Luca Signorelli e Michelangelo in poi, e con particolare attenzione al Manierismo fiorentino di artisti quali Rosso e il Pontormo (ciò vale soprattutto per la struttura compositiva delle scene di gruppo in opere come “Le Delizie Infrante”, “Requiem” e “I Cavalieri dell’Apocalisse”). Quindi l’Arte Barocca del Seicento, dal “naturalismo notturno” del Caravaggio al “tenebrismo” dei Caravaggeschi, dalla Scuola bolognese rappresentata in primis dal Guercino e da Guido Reni a Jusepe de Ribera detto “lo Spagnoletto”. E ancora, come anticipato sopra, il Neoclassicismo eroico dell’Epoca Napoleonica in artisti come il Canova, Jacques-Louis David e il suo allievo Ingres. Fino al Romanticismo e a tutto l’Ottocento (con sconfinamenti nel Novecento), fatta eccezione per gli Impressionisti e per le correnti naturalistiche e realistiche più avanzate. Nello specifico, lo stile pittorico di Roberto Ferri si riallaccia direttamente a quella tradizione accademica francese e a quel genere mitologico Pompier, genere ufficiale del Salon di Parigi e il più gradito alla committenza aristocratica e alto borghese perché l’unico considerato Arte di Stato, che ebbero in William Adolphe Bouguereau il fondatore e in Gustave Dorè un illustre parallelo per l’arte grafica dell’incisione.

Ishtar
Ishtar, Olio su Tela, 180 x 90 Cm, 2014 Cortesia dell’artista e di Square Gallery, part of Liquid art system.

In quest’occasione presentiamo quattro oli su tela realizzati tutti nel corso degli ultimi due anni: “Ishtar”, “Il Sepolcro degli Amanti”, “Il Figlio del Mattino” e “Liberaci dal Male”.

Ishtar”, Iside babilonese, grande dea madre e signora delle tempeste, era la divinità arcaica legata all’amore sensuale (all’erotismo), alla guerra e alla morte. Protettrice delle meretrici e del loro illecito commercio, aveva avuto molti amanti e tutti li aveva sterminati. Qui la incontriamo di spalle, bellissima nella pienezza delle sue voluttuose rotondità (dalle forme rosate) e nuda, o se preferiamo vestita di un semplice drappo viola, trionfante sulla punta di uno sperone roccioso stagliato in mezzo al cielo. Ai suoi piedi giacciono in un groviglio erotico e ferale i corpi senza vita delle sue vittime. La dea, compiuto il massacro, è assorta in una languida e silente conversazione con un teschio, suo alleato di guerra e inseparabile compagno iconografico, con il quale sembra voler spartire le gioie della vittoria.

Nel “Sepolcro degli Amanti” ci troviamo all’interno di un sacello, ai piedi di una lastra tombale sulla quale si riversa un fascio di luce caravaggesca, senza dubbio la Grazia divina, e dove due giovani amanti (come Romeo e Giulietta o Paolo e Francesca) sembrano aver appena ultimato, ancora una volta, il loro eterno rituale d’amore e morte. Osserviamo l’uomo che con la parte anteriore del corpo, come nella figura conclusiva di una sensuale danza macabra, sorregge la compagna ormai esanime che lui sembra aver omaggiato di una corona di spine, estremo sigillo della loro eterna passione e del sacrificio d’amore appena rinnovato. E nel momento illustrato (rappresentato) è come se lui la stesse deponendo con delicatezza all’interno del sepolcro.

Il Figlio del Mattino” è un angelo caduto, ma potremmo anche dirlo un demone dalla chioma e le ali corvine, un Lucifero scagliato sulla Terra che sorprendiamo immerso nel sonno primordiale delle tenebre, il sonno eterno che non conosce risveglio. E come intrappolato nella palude Stigia, quest’angelo superbo e ribelle è irrimediabilmente ferito a morte.

LIBERACI DAL MALE olio su tela 150 x 150 cm anno 2013
Liberaci Dal Male, Olio Su Tela, 150 x 150 Cm, 2013. Cortesia dell’artista e di Square Gallery, part of Liquid art system.

Infine, in “Liberaci dal Male” l’immagine che si offre ai nostri occhi è ancora quella di un angelo dalle ali nere. Ma questa volta si tratta di un angelo (o demone) femminile seduto di spalle e avvitato in una torsione michelangiolesca del busto. L’angelo dai capelli rossi ci spia di sottecchi, in tralice, con occhi ardenti di rabbia che sembrano sfidarci a fare un’altra mossa, o magari ad avanzare ancora un po’, ma allo stesso tempo ci esorta a tornare sui nostri passi prima che sia troppo tardi. Tra le mani ha un bandolo di aspidi incantati che il demone manipola con maestria e sembra pronto a scagliare in faccia a chiunque oltrepassi il limite consentito. Non ci sono dubbi, quest’angelo maliardo rappresenta la seduzione del Male al quale si chiede di essere risparmiati ma il cui fascino venefico e avvolgente, una volta risvegliato, difficilmente lascia scampo a chi è caduto tra le sue spire letali.

Durante questa discesa agli Inferi che è il tour attraverso le opere di Roberto Ferri, è impossibile non rilevare l’attenzione lenticolare e quasi iperrealistica, la cura per il dettaglio o mise en place, che l’autore dedica alla resa della figura umana svestita. Quello dello studio accurato del nudo e dell’anatomia, del resto, era uno dei principi fondamentali da osservare all’interno dell’Ecole des Beaux-Arts parigina sin dal 1648, anno della sua fondazione. Gli altri criteri formativi dell’Accademia francese erano l’imitazione degli antichi e la resa della Natura idealizzata, la realizzazione delle opere in studio anziché en plein air, il primato del disegno sul colore e la compiutezza dell’opera. Roberto Ferri, più di 350 anni dopo, ha dimostrato con i suoi dipinti non solo di aver appreso magistralmente la lezione del Passato, ma soprattutto di averla aggiornata e rinvigorita di nuova linfa vitale.

Temi e soggetti sono tratti dalla mitologia antica, dalle “Metamorfosi” di Apuleio, dal Vangelo e dall’Antico Testamento. Temi classici, dunque, forti e importanti. In particolare, il repertorio mitologico è incontestabilmente allettante per due motivi. Da una parte per la considerevole varietà iconografica di cui dispone, e dall’altra perché offre il pretesto inappellabile per mostrare corpi nudi e scene erotiche senza incorrere nel rischio di venire accusati di immoralità. I soggetti delle creazioni di Roberto Ferri sono spesso figure ibridate, in una fase di metamorfosi o in transito da uno stadio alchemico a un altro. Semidivinità zoomorfe, abissali o terragne, con la testa d’ariete o di calamaro gigante, centauri e minotauri, sfingi e arpie, sirene e tritoni. Ma anche strane figure in dissolvimento/disfacimento, filamentose, mucillaginose, sul punto di trasformarsi in radici e cortecce o di sparire per sempre. E per finire incontriamo i Cyborg, semiautomi maschili e femminili che mostrano strumentazioni nautiche e meccaniche, sestanti e astrolabi per non perdere la rotta e le coordinate spazio-temporali nella traversata delle tenebre primordiali, innestate direttamente nella carne turgida e nei muscoli dei loro corpi immancabilmente scultorei.

Per noi è giunto il momento di proseguire, di affiancare Dante nella sua promenade agli Inferi e volgere lo sguardo al Paradiso. Inebriati di fascinazione ma incalzati da Virgilio a non soffermarci oltre, dobbiamo ora allontanarci in silenzio da queste tragiche e bellissime creature liminari, fatte non tanto di pasta di mandorle rosa annegata in un fiume di latte (come scriveva Zola a proposito delle Nereidi di Cabanel) quanto piuttosto di marmo glassato nella porcellana e poi scagliato furiosamente nell’acido solforico.

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