La faccia come provocazione Dal ritratto alla carne: Opalka e Orlan – Letizia Leone

“Onora la faccia del vecchio” recita il Levitico (19,32).
Forse, a prima vista, potrebbe sembrare sviante avviare queste considerazioni sul genere artistico del Ritratto (e della sua evoluzione nella contemporaneità) con una citazione di carattere etico come quella del Levitico. Perchè quando si parla di ritrattistica si pensa sempre al dibattito teorico, ancora aperto, sui modi della rappresentazione, in bilico tra realismo ed astrazione,  dato che la percezione di un volto coinvolge elementi che superano l’apparenza e la fisicità e implica la rivelazione di emozioni o sentimenti in tracce minime quali espressioni inpercettibili,  sguardi, accennate mobilità muscolari, oppure e soprattutto, la mappa di segni del tempo, questo “grande scultore” della faccia.
Inoltre bisogna ricordare  che se i grandi ritrattisti non poterono eludere le esigenze della ricca committenza nelle richieste di somiglianza,  ad un certo punto, si diffuse un certo modo di idealizzare, tanto che Leonardo da Vinci nel suo “Trattato sulla Pittura” arrivò a definire “più tristo componitore d’istorie che nessun altro pittore” colui che ritraeva in modo del tutto naturalistico, sacrificando “l’universale pel particolare”.
E già Platone aveva considerato le arti figurative più limitate rispetto alle altre “arti liberali” nel rivelare quelle  Idee profonde che plasmano la materia, proprio perchè troppo legate alla fisicità.
Finchè Isabella D’Este in una lettera di ringraziamento indirizzata al pittore Francesco Francia nel 1511 consacra la pratica di “imbellettare”: “havendovi vui cum l’arte vostra facta assai più bella che non mi ha fatto natura”.
Come non rintracciare in questa dama cinquecentesca un’antesignana del modellamento facciale e dell’ “artefatto” contemporanei? Non solo, venticinque anni dopo Tiziano ritrae la D’Este ultrasessantenne con le fattezze di una ventenne e sembra già di essere in una recente fenomenologia della cosmesi e della mistificazione della vecchiaia. Una immagine “Ar250px-Roman_Opalka_by_Lothar_Wollehcidishonestamente imbelletata” inveiì con foga allora l’Aretino.
Una falsificazione ante litteram che ci riporta alle ragioni più attuali di James Hillman contro le modificazioni della chirurgia estetica su una faccia che invecchia, perchè “la faccia del vecchio è un bene per il gruppo” e perchè sulla faccia è plasmato il mio carattere  dato che  sono io che la “faccio” con quello che ho costruito, inseguito, creduto tutta la vita.
Annullare la faccia del vecchio con la chirurgia è “un crimine contro l’umanità”, significa privare una società di valori fondanti, sincerità e pietas per esempio,  un togliere valore etico alla vecchiaia (il cui fine è quello “di svelare il nostro carattere”), per sostituirlo con un mito idiota di giovinezza.
Questa la premessa necessaria per inquadrare il lavoro decennale, o per meglio dire l’opera unica che si sviluppa in decenni di attività,  di un artista come Roman Opalka che ha lavorato sul tempo con il tempo stesso, fino a renderne l’ astrattezza come  un  materiale solido che agisce sulla tela.
Una strategia artistica che prevede oltre ai numeri, ai colori, e alla voce l’utilizzo del proprio volto per catturare il tempo: ogni giorno dal 1972.
Operazione matematica: dipingere ogni giorno su una tela di 196 x 135 un numero in serie progressiva iniziando dall’uno verso l’infinito.. Quasi una pratica mistica la  cui meta è irraggiungibile e  lo scacco già  implicito in partenza.
Eppure precisione maniacale e  serietà assoluta  nel portare avanti il lavoro: stessa ora, stessa millimetrica posizione e posa, stessa camicia, stessa espressione.
Con studiata disciplina ogni quadro della serie numerale viene accompagnato da un ritratto fotografico a fine lavoro, tutte le sere, nell’ “imperiosa necessità di non perdere nulla per carpire il tempo”.
Nel guardare le foto in modo distanziato  nella loro sequenza cronologica, l’effetto è impressionante. Quanti anni occorrono per  studiare le incisioni del tempo (categoria invisibile) su una faccia? Dettagli infinitesimali che si accumulano in migliaia di istanti quotidiani. Dettagli impietosamente documentati, grazie al lavoro affascinante e cerebrale di Opalka.
E soprattutto esemplarità del Work in progress quale processo artistico.
Al fondo nero iniziale delle tele viene aggiunto ogni giorno un centesimo di colore bianco in modo che pian, piano, con il trascorrere del tempo le tele vadano sbiadendo insieme all’immagine di accompgnamento del suo ritratto fotografico che documenta il logoramento dell’invecchiamento.
Opalka stesso è consapevole dell’eccezionalità di testimoniare e catturare l’ istante: “Tremando per la tensione davanti alla follia di una simile impresa, immergevo il pennello in un vasetto e, sollevando leggermente il braccio, lasciavo il primo segno, 1, in alto a sinistra, all’estremità della tela, perchè non rimanesse nessuno spazio fuori dall’unica struttura logica che mi ero dato.”
Urgenza di specchiare la metamorfosi biologica in atto. Il cambiamento.
Ma nell’arte contemporanea la ritrattistica va oltre e diventa organica, suoi strumenti la carne, il sangue, la sofferenza.
Un esempio: Orlan e la sua faccia post-umana e mutante.
L’artista francese fa del proprio corpo un “teatro operatorio” e documenta gli interventi chirurgici svoltesi in anestesia locale e tutti finalizzati alla realizzazione di un progetto artistico.
L’impianto di protesi di zigomo per ricreare la fronte della Gioconda di Leonardo,    creandosi così due corna, è solo uno degli innumerevoli esempi del suo “manifesto carnale”.
Per Orlan la finalità dell’arte non è quella di decorare i nostri appartamenti ma quella di superare ogni volta i limiti, non solo tabù ma ciò che è codificato nelle convenzioni,  in una rilettura estrema del messaggio di Artaud.
Ibridazione, metamorfosi identitaria, manipolazione organica, deliberata progettazione del viso perchè per Orlan ” la personalità è connessa in particolar modo al viso, e l’aspetto del volto viene manipolato per trasmettere informazioni sulla persona.”

È già abbastanza per iniziare a riflettere…

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*