La bottega dei ricami

a1Apriamo la cassetta del cucito insieme a Thomas De Falco, artista milanese della nuova generazione. La couture ha un ruolo importante in questo racconto, perché è da lì che inizia il percorso artistico di De Falco, dai ricami della nonna osservati nell’infanzia, dagli abiti delle passerelle indossati durante una precoce carriera da modello internazionale, dall’incontro con icone della moda e donne pioniere dello stile del XXI secolo come Benedetta Barzini e Mirella Haggiag.
Su questo substrato si innestano gli studi al Centro di Arte Sperimentale di Milano dove l’artista si diploma nel 2008. In questi anni De Falco studia la storia dell’arte, è affascinato dalla tecnica dell’arazzo, dalla sapiente tessitura di complesse trame che restituiscono una spettacolare superficie figurativa. Ma ciò che lo colpisce maggiormente è il metodo, la trama fatta di fili e di nodi, il “rovescio” che si nasconde dallo sguardo dello spettatore e che cela il segreto del risultato.
Seguono alcuni “incontri” significativi con l’arte italiana del 900, verrebbe da pensare automaticamente ad Alighiero Boetti e alle sue potenti mappe ricamate da tessitrici afghane, ma De Falco subisce la fascinazione soprattutto di Alberto Burri e dei suoi sacchi di canapa, bruciati, dipinti, incerati, incrostati, sempre sofferti.
La materia tessile ad ogni modo, ancora una volta. Materia, tessuto, intreccio: sono questi i termini che ci occorre inserire nel sistema di decriptazione del percorso artistico di Thomas De Falco. L’autore si definisce di fatto uno “scultore tessile”, i fili di lana i suoi strumenti. In realtà le sue opere attraversano più discipline artistiche e pensarle esclusivamente come sculture potrebbe essere per certi versi riduttivo. Le sue “proto-sculture” infatti prendono forma nella dimensione della performance, una disciplina alla quale l’autore si avvicina fin dagli esordi, studiandone ogni dettaglio, dal sound ai movimenti scenici. Il legame (mai termine è stato più appropriato) tra i diversi elementi della performance è, evidentemente, il filo, la trama, il tessuto.5codice 667
L’artista di volta in volta fa appello ad un preciso numero di modelli/interpreti, da un minimo di due fino a folti gruppi di partecipanti. Uomini certamente, ma soprattutto donne e la dimensione femminile la vedremo emergere ed essere protagonista di diversi lavori. I soggetti delle performances sono avvolti, legati, connessi attraverso il metodo del “wrapping”. La materia d’elezione è la lana, spessa, cotta, un materiale che riscalda ma al contempo punge per la sua ruvidità. I colori variano di volta in volta, ma prevalgono i toni del bianco, del nero, la scala di grigi. I modelli sono circondati e avviluppati dalla materia tessile, che sembra quasi prendere il sopravvento e dominare la rappresentazione.
Ne deriva un contrasto fortissimo tra la dimensione animata di un vero e proprio “tableau vivant” e la rappresentazione ricercata dall’artista di una natura morta. Vita e morte dunque, in un vincolo indissolubile che svela la natura umana perennemente in bilico. Gli intrecci di De Falco sono carichi di materia e intrisi di significato, sono in un certo senso “pesanti”, fanno sentire al soggetto tutto il carico che porta sulle spalle. Sono oppressivi, preponderanti, dominanti: l’uomo ne è evidentemente sopraffatto e si ritrova faccia a faccia con la sua fragilità. La lana può talvolta accecare i modelli, oppure paralizzarne i movimenti, oppure ancora fuoriuscire dalla bocca come fosse vomitata dalle viscere.
La realtà che ci racconta l’autore è violenta, dura. I suoi personaggi sono legati da destini che sappiamo essere fragili e incerti. Anche i legami amorosi, che si vorrebbero conforto dell’esistenza, sono appesi a un filo. La vicinanza dei soggetti è a volte tale da farsi costrizione, oppure così allentata da portare irrimediabilmente alla separazione.
La sofferenza dell’uomo contemporaneo, il suo far fronte alle difficoltà con inerzia e con distacco: così appare l’universo dell’autore, tormentato e convoluto.
2E poi la donna, imprescindibile musa dell’autore, alla quale dedica indefessamente un’accorta analisi circa la sua posizione nella contemporaneità. Una donna che appare forte, più decisa e indipendente dell’uomo, donna-madre, albero saldo nelle sue radici, delicato ed etereo nel suo fogliame, fecondo e fruttifero, anche se il rapporto con i figli diventa a volte fonte di dolore.
Quella dell’albero è una similitudine non peregrina, l’artista infatti è attratto dalla bellezza e dalla poliedricità delle forme della natura. Studia come un botanico sistematico la tessitura delle nervature delle foglie, il moto propagativo delle radici, il librarsi dei rami verso il cielo. La lezione del maestro Giuseppe Penone è stata introiettata: “Un albero è un’opera d’arte quando è ricreato in se stesso come concetto per essere metafora”.
De Falco, artista ancora “fresco” nel panorama dell’arte italiana ed internazionale, si muove con passo sicuro e con autorevolezza, ha già ottenuto importanti riconoscimenti a livello mondiale (tra gli altri: Medaglia del Castello Sforzesco nel 2010; primo premio al concorso “Awards Young Artists” a Tokyo nel 2005) ed è stato esposto in diversi allestimenti personali (tra gli altri: “Rinascita” presso la GloriaMaria Gallery di Milano nel 2013, “Beauty bh” alla Fondazione Spazio Cerere di Roma, sempre nello stesso anno, “Natura Morta W” alla Triennale Design Museum di Milano nel 2010).
Un artista che si sta facendo spazio con il suo bagaglio di tormenti e di ispirazioni, una cassetta del cucito colma di fili da intrecciare.

Geremia Doria

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