inchiesta n. 4: Davide La Greca

Diwali abbraccia l’arte in tutte le sue contaminate forme, pertanto in questo numero abbiamo intervistato il maestro e performer Davide La Greca per sapere qualcosa di più sul bondage, una pratica che molti conosceranno di nome ma che tuttavia non tutti sanno, al di là dei comuni pregiudizi, possa avere molteplici sfaccettature in cui coesistono in modo ampio e scambievole, arte e sensazioni.

Intervista a cura di Laura Di Marco

controsfumature31Quali sono le origini del bondage?

D.L.G.: Le origini del Bondage hanno inizio in Giappone nel XV secolo, quando i prigionieri venivano legati con corde di canapa o juta in quanto il ferro era materiale costoso ed anche perché per la cultura giapponese, la corda è elemento simbolico.
Veniva utilizzata inoltre anche come pratica nell’arte marziale dello hojojutso in cui si ci si serve appunto delle corde per bloccare l’avversario e nelle antiche rappresentazioni del teatro Kabuki.
Solo in seguito tuttavia, l’uso delle corde per costringere ed immobilizzare le persone, ha assunto in Giappone la connotazione di pratica volta a provocare emozioni dando vita a due scuole: Shibari (trad. “legare chiuso/stretto”) con applicazioni anche di tipo artistico, e Kinbaku (trad. “legare con forza, costringere”), quest’ultimo maggiormente legato al concetto di sessualità intesa come piacere provocato dal dolore.
In seguito, dopo la seconda guerra mondiale, il bondage approda anche negli Stati Uniti con un concetto sessuale di “damigella in pericolo” in preda del suo “salvatore” o del suo “carnefice” ed in seguito si diffonderà in Europa con un significato diverso che fonde l’aspetto artistico e quello sessuale.
Le prime applicazioni del bondage in Italia invece, hanno inizio negli anni ’70 partendo da Francia e Svizzera e avranno poi grande divulgazione a partire dagli anni ’90/2000, grazie dall’utilizzo di internet.

Nell’immaginario comune, il bondage è connotato in modo esclusivamente sessuale. È indicativo di questa visione riduttiva che Wikipedia lo definisca semplicemente come pratica sessuale e voyeuristica. C’è chi crede invece che il bondage sia innanzitutto un rituale di tipo artistico. Qual è la sua posizione in merito?varie2

D.L.G.: Io ho una visione del bondage come un “media”, uno strumento di comunicazione.
È a seconda di cosa di sé stessi ci si mette dentro e a come lo si mette in atto, che il bondage può assumere caratteristiche di tipo diverso: dal concetto di “legatura artistica“, fino anche, in alcuni casi, a diventare una pratica terapeutica di “meditazione attiva“.

Forse però tra pratica sessuale e espressione artistica non c’è contraddizione. L’una non esclude l’altra e anzi, il bondage potrebbe essere un canale artistico di vivere alcuni aspetti della sessualità. Il problema quindi in fondo potrebbe avere a che fare con la demonizzazione o con la banalizzazione commerciale del sesso… Cosa ne pensa? È possibile rivendicare, invece di negare o sminuire, la dimensione sessuale del bondage difendendo la fusione di sessualità e arte?

D.L.G.: Devo ammettere che inizialmente per cercare di fare breccia nei preconcetti comuni, si è arrivati a negare che tale pratica avesse una connotazione sessuale, ora che molta gente dopo anni comincia a comprendere realmente questa pratica per ciò che è realmente, possiamo dire apertamente che è sicuramente anche una pratica sessuale, ma non solo. Di sicuro, le dimensioni artistiche e sessuali non sono necessariamente scindibili, ma anzi, possono iniziare con un’intenzione di base appunto, per poi arrivare a fondersi tra loro.

Il concetto di “fiducia” tra chi mette in atto questa pratica, immagino sia fondamentale. Qual è il rapporto psicologico che si instaura tra il legatore e la persona che si sta legando? Quali sono (se ci sono), le “figure” (a proposito, si chiamano così?) più rappresentative e cosa vogliono raccontare?

arte4D.L.G.: Il rapporto è appunto di fiducia reciproca e di scambio di potere. Potere che viene esercitato da colui/colei che lega e sensazione di “affidamento completo” alla persona che ti sta legando. Chi lega si assume la cura della sicurezza fisica e mentale del partner.
Per questa ragione infatti la connotazione può essere addirittura di carattere terapeutico, in quanto l’affidarsi all’altro/altra, permette uno scarico delle frustrazione ed una liberazione dalle proprie responsabilità, che quasi può essere paragonato ad uno stato di regressione positivamente infantile che difficilmente da adulti si riesce in altri ambiti a ricreare.
Non esistono “figure” (è corretto chiamarle figure o anche “forme”) più rappresentative di altre. Ognuno può decidere in base alle proprie sensazioni, cosa raccontare.

Lei è un insegnante. Cosa vol dire essere un “rigger”?

D.L.G.: Il termine “rigger” è un termine propriamente americano. In Giappone in realtà i maestri di questa pratica si chiamano “Nawashi” (letteralmente “uomo corda”) ed anche gli pseudonimi che usano, riconducono quasi sempre a questa definizione.
Ogni volta che lego, io entro in contatto con la persona che in quel momento si sta affidando a me, avverto il suo stato d’animo e ciò avviene reciprocamente.
È un senso di responsabilità verso l’altra persona ed anche come dicevo prima, una sensazione di potere. Avendo fatto molto teatro in passato, durante le esibizioni dal vivo sul palco mi piace anche mettere in scena vere e proprie storie con un inizio ed una fine, utilizzando le corde.

Cosa cercano le persone che desiderano seguire uno dei suoi corsi?arte6

D.L.G.: Da me vengono sempre più coppie che vogliono sperimentare il bondage come esperienza nuova di intimità per conoscersi meglio o anche persone da sole che sono incuriosite. È interessante vedere le loro reazioni. Alcuni riescono a rilassarsi, altri invece si scaricano ingaggiando una vera e propria lotta, quasi un’escapology, mirata a liberarsi dalle corde.
Il libro ed il film “50 sfumature di grigio” che pur non tratta di bondage, ha attirato molti curiosi che hanno confuso questa pratica con quelle descritte in ciò che hanno letto o visto nella pellicola ed allora è necessario in questi casi spiegare loro cosa è invece il bondage e quali sono le differenze ma essere insegnante di questa pratica significa anche informarsi su tutto ciò che gira intorno ad essa al fine di poter indirizzare professionalmente al meglio chiunque voglia saperne di più.

Si è recentemente svolto a Monaco il Boundcon. Lei era lì, cosa può dirci di questo evento?

D.L.G.: Il Boundcon è una grande fiera commerciale che tratta non solo il bondage ma tutto ciò che rientra nel BDSM in cui sono presenti numerosissimi stands di articoli a tema come in tutti gli eventi di questo tipo ma è anche un’occasione per vedere esibirsi sul palco principale i più importanti maestri internazionali di questa attività. Lì ho potuto negli anni esprimermi al pubblico mettendo in scena esibizioni dal vivo.
Vi è però anche un palco più piccolo dove coloro che desiderano provare le prime esibizioni in pubblico, possono iscriversi sul momento e farlo. È un buon trampolino di lancio se ci si vuole far notare nell’ambito.

boundcon_monaco03Cosa consiglia dopo questa intervista a chi volesse avvicinarsi a questa pratica?

D.L.G.: Raccogliere più informazioni possibili. Ho scritto io stesso anni fa un manuale di bondage. Assistere anche solo da spettatori agli eventi che vengono organizzati ormai spesso in molte città. Il bondage è una pratica tra due adulti consenzienti anche pericolosa se non fatta con i dovuti accorgimenti, in cui serve molta attenzione e potersi ritagliare delle ore di calma con il proprio partner. Essendo appunto questa, una pratica che richiede concentrazione e tempo da dedicare al partner, cosa che spesso la vita quotidiana ci porta a tralasciare, il suo effetto sulla coppia può rivelarsi terapeutico.
Spesso i miei corsi sono preceduti da una spiegazione iniziale gratuita che riguarda prima di tutto la sicurezza. Io desidero che chi voglia iniziare, si informi anche solo su questa parte che è ovviamente fondamentale, prima di iniziare con la pratica ed ovviamente farsi seguire almeno inizialmente, frequentando un corso.
È importante anche dire che non esiste un corpo più o meno adatto per il bondage. Tutti i corpi possono esserlo, l’importante è l’approccio mentale giusto.

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