Già un poeta, Lucrezio, aveva anticipato intuitivamente (e motivato logicamente) che la materia è fatta essenzialmente di vuoto: Nec tamen undique corporea stipata tenetur / omnia natura; “Nè, d’altronde, sono tenute tutte le cose ammassate dalla loro natura corporea”, scriveva infatti nel De rerum natura, poema didascalico, filosofico ed epistemologico, esempio modernissimo di poesia coniugata alla scienza.
Certo il poeta riprendeva la dottrina atomista ed Epicurea della natura ma la filtrava
attraverso una grande visio poetica:”…esiste, infatti, il vuoto nelle cose, / e conoscere ciò, in molte cose ti sarà utile…Il vuoto è dunque luogo intangibile, privo di cose.” (Libro I – vv. 329-334)
Iniziamo da qui, mettendo sotto l’ala protettrice della Poesia più grande la nostra esplorazione in versi sul vuoto, tema vasto e inesauribile tanto quanto le filosofie orientali e occidentali che vi si innestano.
Iniziamo dunque dal vuoto che, come la morte, ogni vero poeta porta sempre con sé “come il prete il suo breviario” direbbe Böll.
La poesia sa bene cosa sia il vuoto perchè in primis è segno iconico che elabora una struttura in versi e “versus è il solco, il filare, ciò che va per un pò, poi s’arresta e, o torna indietro bustrofedicamente, o riprende da dove era partito, ma una riga sotto”, ci sollecita Umberto Eco.
La partitura poetica è organizzazione iconica e acustica nello spazio, è sollecitazione sensitiva dal bianco di una pagina. Per questo proponiamo dagli haiku, nati come labile traccia d’acciaio di tre versi nel vuoto, e diamo spazio a tante suggestioni tematiche che i poeti portano radicate nell’anima: la vertigine che si spalanca a fine verso, la cesura, la spezzatura del ritmo e del senso, il precipizio del nulla per un attimo:
…il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco…
La poesia e il vuoto recitati da Montale, ad esempio.
Uno stesso dolore del vuoto che ci stringe tutti:
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Letizia Leone
Lascia un commento