In cielo sorge il capezzolo di un dio lascivo.
La sua luce si adagia sul dorso di giovani amanti.
Nella florea selva contiamo i colori della nostra pelle
e inventiamo baci e danze mute da sorridere.
Scivoliamo con le dita venate d’azzurro
sulle costole dure di un segreto.
Ci diciamo profumi proibiti
giocando a farci calici di fiori arcani.
Suggiamo vita dalle nostre labbra
e taciamo alla luce un nostro canto oscuro.
Ci stringiamo come sanno il muschio e la pietra
nel giardino antico della nostra malizia.
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