Mentre discuti con me
accanto a me
al café dei Lumière
mi parli sorseggi sorridi
vaneggi di gente che mormora
accanto, di storie lontane
Ti scruto spiragli di pelle di collo di calze
mi fermo all’incrocio tra le tue gambe
ti accorgi di me
lentamente
fai scorrere piano un ginocchio
sull’altro e ti apri
mi prende l’affanno
le braccia si fanno vibrisse
un’orgia di ormoni le tempie
il cazzo un teatro di ritmi tribali
– la mano si insinua
partendo da dietro al ginocchio
ti esplora la coscia
si infila a cercarti la fine
ti trova e rasenta
lo sfriccicolio dei tuoi peli
tra le mutande, si stende
sei liquida, calda, odorosa –
Il tuo indice sulla mia tempia
a mo’ di pistola che dice «sei matto!»
mentre il sorriso sibilla «mi piace»
e gli occhi mi gridano «è tua»
Mi muovo, socchiudi un po’ gli occhi
sospiri, inturgidisci le labbra
strapazzi il bicchiere
e mi implori all’orecchio «ancora ancora»
le mie dita ti allargano al mare
ed ecco
tu sei il carnevale di Dio
il suo semel in anno
la sua prima follia dal giorno della creazione
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