
Attilio Faroppa intraprende il proprio percorso artistico alla fine degli anni ‘80, dopo essersi trasferito a Roma dalla Svizzera dove è nato nel 1952 e ha lavorato nel mondo della finanza a Lugano. Pur amando molto la terra natìa, l’ambiente formale e freddo delle banche suscita in Faroppa un sentimento crescente di allontamento: un mondo che non gli appartiene, troppo distante dalle infinite declinazioni della creatività e dell’espressione artistica. Faroppa prende il coraggio a due mani e ‘molla tutto’ per intraprendere un nuovo percorso professionale e umano.
Dal 1990, nel cuore della città eterna, gestisce con passione una sorprendente galleria di interior design: Ex Ante. È un’esperienza ventennale che gli vale una collocazione di primo piano sulla scena della capitale e non solo… Faroppa conosce la produzione dei più celebrati designers del momento e si lega per amicizia con alcune star, soprattutto francesi, come Mattia Bonetti ed Elizabeth Garouste, Pierre Casenove e Nathalie du Pasquier, Davide Pizzigoni. Collabora con i più importanti architetti d’interni di Roma ed espone nei maggiori saloni del settore in Italia e a Parigi. Ospita innumerevoli mostre di design e di pittura.
Disegna mobili, soprattutto lampade, tavoli, console e divani per i quali vengono usati principalmente materiali come il ferro battuto e il bronzo in fusione. Dipinge per hobby, soprattutto su porcellana, ma la fantasia ed il gusto per forme e colori per lo più astratti trasformano i banali oggetti dipinti in veri e propri oggetti d’arte che incontrano uno straordinario successo. Si avventura anche nel mondo della scultura, modellando piccoli nudi stilizzati che diventano dei bronzetti molto apprezzati.
Alla fine degli anni ‘90 produce una grande serie di piccole tempere su carta: i soggetti sono combinazioni di elementi astratti di ispirazione tribale oppure riscritture di ritratti dell’arte antica, romana ed etrusca o rinascimentale. Nel frattempo si dedica anche allo sbalzo del metallo, di lamine d’argento e rame, creando effetti che si riallacciano alla sua pittura, spesso ricorrendo anche ad incrostazioni di pietre dure, di gusto in genere eclettico, a volte barocco a volte altomedioevale. Contemporaneamente inizia ad usare le pietre nella creazione di gioielli dal sapore etnico e barbaro.
Lavora con uguale sensibilità sia che crei una scultura, dipinga un quadro, sbalzi una cornice, disegni un mobile o un gioiello o allestica un arredamento. Le espressioni di stile di Attilio Faroppa assumono forme molteplici, ognuna presenta un raffinato senso della figurazione, equilibrio e compostezza.
La sua attenzione si focalizza soprattutto sull’interferenza di forze in un campo determinato, come le forme biomorfiche che spesso si scontrano bizzarramente sul piano pittorico o le figure sbalzate che fluttuano sulla lamina. L’ispirazione nasce da una matrice complessa che trae origine dalla passione per l’arte figurativa in tutte le sue manifestazioni e di tutte le epoche.
L’autore si concentra quindi piuttosto su un processo che su un genere d’espressione; un processo che mette in moto un’emotività, stimolandone l’espansione attraverso le superfici di ciò che crea con la sua mano o compone con il suo occhio.
Soprattutto in pittura, un chiaro segno del suo approccio è l’uso frequente di monocromatismi e bicromatismi che declina in una gamma di sfumature così che le interazioni fra gli elementi compositivi si sviluppino in modo fluido e sofisticato. Predilige i colori freddi come per premiare la sensibilità razionale rispetto a quella passionale; per la loro resa pacificante in alcuni casi e per la loro forza drammaticamente astratta in altri. I colori utilizzati sono quasi sempre acrilici ad acqua, stesi in un lasso di tempo molto ridotto su superfici dalle dimensioni variabili, dalle piccole tele 15×20 alle grandi opere 180×90.
Guardando per esempio la serie ‘Territori’, gli accostamenti di blu-grigio, grigio-viola con un rosa smorzato creano un leggero movimento di danza, il cui ondeggiamento sembra ordinato dalle altre forme in grigio che trattengono le tessere più colorate del mosaico visivo.
Sono paesaggi simbolici, grandi territori, come nazioni, segnati da frontiere che dovrebbero sparire oppure paesaggi paraurbani, divisi da vie di percorrimento che creano, isolano, circondano: sono le vie di non comunicazione. Sono trasposizioni sulla tela di luoghi stilizzati, simboli di stati mentali o culturali o giuridici. Più o meno ordinati o felici d’aspetto, ma tuttavia separati. Quella di Faroppa non è una denuncia, è una costatazione e vale per il singolo come per il pubblico.
L’artista parte dal disegno, quasi in automatismo per le opere astratte, a volte con un’idea sommaria del risultato ma più spesso lasciando correre la mano fino all’ottenimento di un equilibrio compositivo che in tutti i lavori è comunque presente.
L’autore ha esposto negli ultimi anni in diverse occasioni fra cui alcune personali a Roma e in Svizzera. Recentemente trasferitosi nella campagna umbra, trova in questa nuova dimensione territoriale lo stimolo per esplorare altre forme espressive come la fotografia e la scrittura. Pubblica su riviste on-line alcuni articoli sulla storia del cinema e brevi scritti ironici. Soprattutto Faroppa si avvicina al mondo della parola poetica pubblicando nel novembre del 2013 la raccolta ‘Alza gli occhi’ per l’editore Portaparole di Roma. Sandra Petrignani definisce questi versi ‘aspri e dolci come il loro autore’.
Lascia un commento