
Dal 20 marzo al 31 agosto, alle Scuderie del Quirinale (Roma), verrà dedicata a Frida Kahlo una mostra che indagherà l’artista e il suo rapporto con i movimenti artistici della sua epoca, dal Modernismo messicano al Surrealismo internazionale, analizzandone le influenze sulle sue opere. Per comprendere la complessa personalità dell’artista sarà opportuno ripercorrerne rapidamente la vita. Nata nel 1907 da un fotografo tedesco e da una nobile messicana di origine spagnola, fin dalla giovane età si lega ai movimenti nazional-socialisti e a ideali rivoluzionari che la spingeranno anche a dichiarare di essere nata nel 1910, anno dello scoppio della rivoluzione messicana. L’avvicinarsi alla politica non rappresentava soltanto una sorta di moda per le donne messicane, ma una strada ben più importante per arrivare all’emancipazione. Anche per questo motivo Frida Kahlo si iscrisse al Partito Comunista Messicano (1928). Non fu però solo questo il motivo, seppur importante. Come testimonia la scrittrice Sarah M. Lowe, “il partito presentava anche un’altra attrattiva: la presenza e la militanza di numerose donne dinamiche la cui indipendenza e autodeterminazione possono aver incoraggiato la pittrice a unirsi a loro”. Questa testimonianza introduce un secondo elemento della vita di Frida Kahlo che ha influenzato profondamente la sua sensibilità artistica: la sua straordinaria apertura culturale, che si ricollega al modello della “donna emancipata”, e che la porterà a vivere con molta libertà la sua vita sentimentale e sessuale, esprimendo questo sentimento attraverso legami di profonda ammirazione e intimità nei confronti di numerose figure femminili con cui si è relazionata nel corso della vita. Un modello di donna, quello che ha voluto incarnare Frida Kahlo, che si contrappone al tradizionale stereotipo misogino secondo cui la donna era oggetto del desiderio maschile, tanto da spingersi spesso a praticare con disinvoltura la pratica del travestitismo, “mi vestivo da maschio, con capelli cortissimi, pantaloni, stivali e giacca di pelle”. Un eccezionale vivere con diletto la propria sessualità, soprattutto per la mentalità dell’epoca in cui è vissuta, senza riluttanze o pentimenti, diritto che spettava per tradizione agli uomini. Arriviamo al terzo aspetto della vita di Frida Kahlo, tanto tragico quanto determinante nella straordinaria crescita interiore, caratterizzato dalle innumerevoli problematiche fisiche che l’artista patì fin dalla giovanissima età. Affetta da spina bifida, erroneamente scambiata per poliomielite, subì un terribile incidente il 17 settembre del 1925, quando l’autobus che da scuola la stava riportando a casa si schiantò contro un muro. Le conseguenze dell’impatto furono tremende, Frida Kahlo sopravvisse per miracolo riportando però innumerevoli fratture che la portarono a subire ben 32 operazioni negli anni successivi. L’evento drammatico si trasformò per Frida Kahlo in una sorta di incredibile opportunità. È da questo momento in poi infatti che Frida deciderà di iniziare un percorso in cui riverserà nell’arte tutte le sue vicende fisiche e sentimentali, trasformandole in simboli del suo irrefrenabile desiderio di affermarsi ed essere indipendente. “Io non sono malata, ma sono rotta, distrutta. Sono felice solo quando dipingo”, è forse una delle frasi più incisive di Frida. Per molti anni fu costretta a rimanere bloccata a letto, tanto da spingere i suoi famigliari a regalarle un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto che le permettesse di guardarsi. Sono gli anni in cui l’artista inizia a produrre una serie di autoritratti. Attraverso la pittura l’artista messicana racconta e descrive le sue sensazioni, i suoi sentimenti e i suoi stati d’animo ripercorrendo i momenti significativi della sua vita. La sua nascita, la sua adolescenza, il suo rapporto con gli uomini e con le donne, i dolori che i suoi problemi di salute le provocavano, la sua famiglia, la paura della morte, il suo legame col proprio Paese e con l’ideologia comunista, e molti altri ancora. Nel suo percorso artistico Frida Kahlo ha elaborato un linguaggio figurativo estremamente realistico a volte arricchito da elementi simbolici, surreali e fantastici. Il tutto senza abbandonare mai completamente la realtà, motivo per cui seppur argomento molto dibattuto, le sue opere non possono propriamente essere definite surrealiste. Anche in questo caso è una frase di Frida stessa a venirci incontro “pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”. Nel 1928 Frida è ormai del tutto decisa a fare dell’arte la sua unica ragione di vita, per questo motivo si reca dal pittore muralista messicano Diego Rivera per avere da lui un parere sulle sue opere. La scelta dell’illustre pitture messicano, molto celebre per alcuni lavori eseguiti negli Stati Uniti (il muro all’interno del Rockefeller Center di New York e gli affreschi per l’Esposizione Universale di Chicago) in realtà non è del tutto casuale: Frida infatti è già da tempo affascinata dalla figura di Diego Rivera, anche lui attivista del Partito Comunista Messicano. I due decidono di sposarsi nel 1929, iniziando una relazione molto particolare e complessa, fatta di numerosi tradimenti, da parte di entrambi, e divorzi (1939) e rappacificamenti (nel 1940 si sposarono nuovamente). In questi anni le opere di Frida Kahlo attirarono l’attenzione di André Breton, padre del surrealismo che la definì “una surrealista creatasi con le proprie mani” proponendole una mostra a Parigi. Pur lusingata dalle attenzioni dei surrealisti l’artista messicana non riuscì mai ad identificarsi completamente nello stile del movimento. Consapevole che una adesione al movimento surrealista probabilmente le avrebbe dato la spinta decisiva per entrare nei favori della critica, preferì intraprendere un’altra strada, di artista indipendente.
Una strada che scelse con forza e convinzione, come emerge ad esempio in opere come “Ospedale Henry Ford” (1932) in cui sono sintetizzati perfettamente elementi simbolici e reali. Frida in quest’opera si rappresenta dopo un aborto, uno dei numerosi che purtroppo caratterizzarono la sua vita a causa delle difficoltà del fisico martoriato e debole a portare a termine una gravidanza. L’artista è distesa su un letto d’ospedale sospeso in aria, col viso evidentemente segnato dalla sofferenza e dalle lacrime, per di più nuda e sanguinante con il ventre ancora rigonfio per la gravidanza sostenuta. Sullo sfondo un paesaggio industriale desolato, quello di Detroit, che rappresenta tristemente il luogo del tragico avvenimento. Nel quadro trovano spazio sei elementi simbolici raffigurati lungo il letto, disposti simmetricamente, sospesi in aria e collegati alla mano di Frida da cordoni rossi simili a vene. Elementi che rappresentano alcuni passaggi chiave della vita dell’artista messicana, il bacino lesionato nell’incidente sull’autobus, il feto appena perduto, una lumaca (simbolo della lentezza dell’aborto, o come nelle culture asiatiche, simbolo del concepimento), un macchinario dell’ospedale, e un’orchidea (simbolo del sentimento, ma anche il fiore che Diego le portò in occasione del ricovero).
Un’altra opera emblematica è “Le due Frida” (1939) in cui l’artista esprime il dolore per il divorzio da suo marito. Frida si rappresenta due volte, da una parte la Frida lasciata da Rivera, vestita con un abito bianco sporco di sangue, con in mano una pinza emostatica anch’essa sanguinante. Dall’altra parte la Frida amata da Rivera, vestita con abiti messicani colorati, che tiene in mano un piccolo medaglione raffigurante Diego bambino. Le due Frida non si guardano, ma si tengono per mano e sono sedute sulla stessa panchina, hanno entrambe il cuore esposto e sono legate da una vena che collega il cuore sano, ovviamente quello della Frida amata, al cuore malato, quello della Frida abbandonata dal marito. Nell’opera si intravedono anche richiami all’iconografia religiosa, a partire dall’immagine del cuore spesso raffigurata nelle chiese messicane fino alla corona di spine rappresentata come una collana che cinge il collo e provoca ferite sanguinanti.
Infine il tema del dolore, per forza di cose estremamente ricorrente anche nella vita artistica di Frida Kahlo, espresso attraverso opere dalla straordinaria drammaticità come “La colonna spezzata” (1944). In questo quadro il busto di Frida è imprigionato in una sorta di “armatura ortopedica” d’acciaio che ne impedisce i movimenti e che al contempo lo tiene insieme. Dal collo in giù parte uno squarcio che lascia intravedere una colonna classica, spezzata in più punti, che sostituisce simbolicamente la colonna vertebrale ormai deteriorata. Una numero imprecisato di chiodi sono conficcati nel suo corpo nudo, le lacrime scendono silenziose pur conservando lineamenti di una persona serena.
Frida Kahlo muore il 13 luglio del 1954 nella stessa città dove è nata, Coyoacán in Messico. Gli ultimi anni della sua vita saranno anni di grave depressione che sfoceranno in una polmonite e infine in una embolia polmonare probabilmente provocata da una overdose di Demoral. Il suo successo, sia tra l’opinione pubblica sia tra la critica, crescerà progressivamente negli anni successivi alla sua morte: sono state realizzate molte mostre in suo onore, due film (uno di essi di Julie Taymor, protagonista Salma Hayek), diversi documentari, diverse biografie spesso romanzate, saggi, collezioni di moda, una grande quantità di gadget che ripropongono il suo volto e le sue opere. La sua straordinaria vita è la sintesi della forza di volontà, della tenacia di una donna che ha saputo affrontare il dolore non abbassando mai lo sguardo nella vita come nelle sue opere in cui ci guarda, sempre.
Valerio Francola
Ha detto uno storico:
Ogni biografia si intreccia con la storia
La storia ,possiamo dire ,e ‘la somma di tante biografie …
Nel caso di Frida Khalo questo e ‘più vero …..
Per questo apprezzo che siate partiti dalla sua biografia …
Ho stampato il vostro interessante articolo ,che farà parte di un “””faldone”””che sto preparando per me stessa su questa grande donna ,su questa grande pittrice …
Che volete ,sono una nostalgica della carte ..
Se un articolo ,un libro mi interessa devo sottolineare ,prendere appunti
Grazie del vostro articolo
@mariadicuonzo1
Ciao Maria, grazie per i complimenti e per aver colto in modo particolare il senso dell’articolo. Non voglio essere ripetitivo copio qui qua quanto ho già scritto altrove:
“Credo che il tratto distintivo di ognuno di noi, delle nostre vite, sia un intreccio tra esperienze personali ed eventi storici e sociali che ci condizionano.
In particolare nell’articolo su Frida (e più in generale nella sua storia personale) risulta ancora più chiaro ed evidente questo intreccio.
Dalle sue esperienze e dal contesto storico in cui è vissuta è nata una personalità artistica segnata profondamente dalla sofferenza fisica e dalla ribellione per le convenzioni.”
Cari amici,
mi permetto di inserirmi nel vostro scambio.
Il recente exploit di Frida Kahlo alle Scuderie del Quirinale dimostra una sempre più viva attenzione nei confronti di questa artista.
A contribuire alla celebrità del personaggio, oltre che al carattere ribelle che l’ha evidentemente distinta, è stata l’unicità di una pittrice di origine messicana in un contesto storico e culturale di stampo prettamente maschile.
Una voce fuori dal coro.
Siamo lieti di ospitare in questo numero un suo ricordo dalla penna di Valerio.
Cordialità,
Codesto intervento è veramente interessante, nello stesso modo in cui l’intero blog (https://www.rivista-diwali.art) generalmente.
Son un frequente fan, continuate così.
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