Il testo di Flavio Scaloni è costruito semanticamente e obliquamente sulla parola ordigno. Una parola che concentra su di sè richiami e suggestioni dalla forte valenza politica e sovversiva, e che l’autore sa usare bene per richiamare l’attenzione del lettore fin dall’inizio: “Chissà se qualcuno sospetta… che nella borsa porto un ordigno”. La poesia si snoda attraverso inversioni, straniamenti, ridondanze e come “discorso del rovesciamento” mai definito e forte di questa stessa ambiguità che porta il lettore ad interrogarsi sul tipo di ordigno che maneggia l’io del poeta. Che sia tautologicamente la Poesia? (Letizia Leone)
Chissà se qualcuno sospetta
stasera in Via Morgagni
che nella borsa
porto un ordigno.
Chissà se qualcuno ha visto
i signori del tavolo affianco
farsi il segno della croce
ad ogni portata
e parlare sommessamente
delle decisioni dello zio.
Se me lo chiedessero
il mio ordigno
lo tirerei fuori
lo farei vedere
parlerei di chi lo ha confezionato
e decripterei il codice.
I signori del tavolo affianco
dei loro ordigni
mica ne parlano
e anche se interrogati
negano.
Il mio ordigno
non ammazza nessuno.
Al massimo resuscita
qualche morto apparente.
Per così poco
non gli dedicano neanche un trafiletto
in cronaca rosa.
Gli ordigni
dei signori del tavolo affianco
ammazzano persino topi e gechi.
Giustamente ne parlano
tutti i quotidiani.
I signori del tavolo affianco
hanno ordinato
il maialino arrosto.
Avranno ammazzato loro
pure quello.
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