Fabio Bosco

Legami, vocazioni o affezioni vissute dalla parte “negativa”, dal calco vuoto dell’assenza, della lacerazione, della frattura in questi versi del torinese Fabio Bosco. In questo caso la vertigine di una solitudine esistenziale confina con il rischio di una perdita di senso della scrittura: possa uno sciamare/ confuso di versi/ riscrivere direzioni… E qui il poeta dichiara apertamente la sua investitura nella scrittura, bisogna ridare un senso, ricalibrare i propri strumenti poetici e non per recuperare quell’Aura, di antica memoria, persa definitivamente, ma almeno per salvarsi dall’indifferenza qui suggellata come congenita e verticale.

Letizia Leone

 

LACERAZIONI

Possa uno sciamare
confuso di versi
riscrivere direzioni
a queste voci senza madre,
attraccate a pareti salsedine
prive d’àncore d’inchiostro
disegnate come cornici
per altri astratti ritratti.

Baratterò il sale di un addio
con acqua che disseti e terra,
ferma,
per dare un senso al mio tremare
in questa buia stanza
arredata d’assenza.

 

IN VERTICALE DIPENDENZA

Oggi è un altro morso
senza didascalie tra i denti,
confuso tra i tanti rispediti al mittente:
“indirizzo inesistente, prego controllare attentamente”.
Basta un minimo dettaglio
perché non arrivi più niente.

Niente.

E io ancora fermo
a contare rughe e stagioni
sulle mie anoressiche imperfezioni.
Un’indifferenza congenita,
verticale
come un cielo senza appigli.

 

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