Da nessun luogo con affetto.Poesie – Iosif Brodskij

Io non so più in quale terra riposerò.
Tu stridi, stridi, penna, la carta consuma

brodskijPremio Nobel per la letteratura nel 1987, esule russo naturalizzato americano, Josif Brodskij è stato saggista e traduttore, ma soprattutto una delle maggiori voci della poesia russa contemporanea. Il volume edito da Adelphi nel 2004 con il semplice titolo di “Poesie” raccoglie una serie di versi – scelti dall’autore stesso – che abbracciano un arco temporale e geografico molto ampio: dal 1972 al 1985, dall’Inghilterra di Auden all’Italia delle calli veneziane o delle piazze di Roma, dalle paludi baltiche dove Brodskij è nato e cresciuto alla costa di Cape Cod sull’oceano Atlantico.

Esilio e memoria sono i temi attorno ai quali si sviluppa la produzione lirica di Brodskij. Per chi è costretto a lasciare la propria terra, “il corpo sembra una carta arrotolata, scala uno per tre”. Sparigliato dal viaggio, il corpo si fa quindi geografia confusa che deve spiegarsi in quanto mappa e in quanto enigma identitario. Sotto i colpi delle vicende umane anche i punti cardinali e i riferimenti geografici si sgretolano e divengono elusivi: “perso è l’orientamento”. Il poeta non sa più dove sia il Nord, regione il cui freddo, in passato, gli “ha messo una penna tra le dita/per riscaldarle strette a pugno”, e dove ora cerca rifugio e ricetto. Vaga nel sud canicolare dove “il corpo riesce a nascondersi, ma l’ombra no”. Dall’estremo Occidente contempla “il confine orientale dell’Impero affonda[re] nella notte”. Come Orfeo, smembrato e disperso ai quattro venti, così il poeta ha il proprio “guardaroba/all’estremo orientale”, la sua testa fluttua sulle acque dell’oceano (“quanto ghiaccio nel bicchiere bisogna gettare per fermare il Titanic del pensiero?”) e le sue membra compongono un “patchwork più informe dell’Europa”.

cop-iosif-brodskijIl viaggio, traslazione del peso del corpo in un altro luogo, scava solchi profondi, lascia tracce indelebili che trasformano l’esperienza individuale in metafora esistenziale e racchiudono in sé la domanda per antonomasia: “chi sono?” Per sciogliere questo enigma può essere d’aiuto farsi amico lo spazio, prendere il largo “partecipando alla geografia, all’azzurrità”, poiché “ogni vela di profilo sembra un punto interrogativo:/lo spazio custodisce la risposta”. In alternativa è possibile rivolgersi al tempo: ecco che entra in gioco la funzione gnoseologica della memoria. Coltivare il ricordo, vivere nel presente e nel passato, sono l’unico metodo efficace per conoscer(si), mettersi a fuoco, fissare in contorni provvisori la propria mutevole identità. Dimenticare, infatti, è perdersi (vibra come un’accusa l’incipit “Hai scordato il villaggio, sperso nelle paludi…”) e del resto non è garanzia di traguardo, di sedentaria soluzione: “l’alfabeto di dimenticare/non ti permetterà il fine del tuo viaggio, il punto ‘b’”. Occorre quindi praticare e celebrare il movimento che porta con sé, ineluttabile, il mutamento: “se c’è qualcosa da cantare è il cambio del vento”; con la consapevolezza, tuttavia, che mai potrà aprirsi il vicolo cieco che ogni uomo reca in sé ovunque e che il distacco e la solitudine, “l’uomo al quadrato”, si dispiegano senza soluzione di continuità nel corso dell’esistenza.

Al centro di questo turbinare ininterrotto di latitudini e stagioni, volti e oggetti cari c’è tuttavia un nucleo di pacifica stasi, un punto in cui tutto resta immobile e uguale a sé: l’occhio del ciclone. È la lingua russa, esplorata e vissuta in tutte le sue gradazioni e potenzialità, da declinare nel lessico quotidiano e nel ritmo telegrafico di “Parte del discorso”, così come nel respiro vario e versicolore di “Ninnananna di Cape Cod”. Madrepatria dello spirito, non-luogo atemporale che sfida ogni legge, la lingua e per associazione la scrittura sono l’essenza identitaria del poeta: luce nella notte, punto fermo al movimento delle lancette, riparo al precipitare dei termometri. Nel versificare di Brodskij, la lingua assume l’andamento leggero d’una brezza marina, la ridente freschezza della spuma di mare, lo slancio caracollante d’un planare di gabbiani che alternano colpi d’ala ad attimi di sospensione.

Strappate le radici, quindi, non resta che “abbraccia[re] forte l’aria”, “alla cui immateriale azzurrità simile/è questa vita”.

Michela Pistidda

TITOLO: Poesie

AUTORE: Iosif Brodskij

EDITORE: Adelphi

PREZZO DI COPERTINA: 18,00 €

PAGINE: 223

ISBN: 9788845906466

 

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