C’è nessuno

Le cose sono unite da legami invisibili,
non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella.

Galileo Galilei

C’è nessuno? No, non è rivolto a voi, anche se, durante la calura agostana è lecito farsi questa domanda, sono qui per presentarvi qualcuno: il signor Nessuno. Il titolo di questo romanzo mi ha fatto venire in mente una lunga serie di citazioni che, bontà mia, ho creduto fosse più saggio daniela_cattani_rusich_legge_1risparmiarvi. Mi limiterò a ricordarvi solo di Ulisse nell’episodio del Ciclope, alla cui domanda: “Qual è il tuo nome?” rispose di chiamarsi Nessuno… Ve lo ricordate? Bene, eccolo rispuntare il signor Nessunostavolta in una veste meno prosaica e nient’affatto epica,  eroica? -chiederete voi- neppure … Il signor Nessuno, al contrario, sembra essere proprio il prototipo dell’antieroe… e allora?

C’è nessuno? È una domanda – e un titolo – meno banale di quel che, a prima vista, potrebbe sembrare. Anche essere “nessuno”, infatti, comporta un certo rischio di responsabilità. E questo fantomatico Nessuno, sebbene sia, appunto, nessuno, in realtà oltre ad essere l’io narrante di diversi capitoli è anche il personaggio principale del romanzo, edito da Onirica Edizioni.

Chi è Nessuno? L’autrice, Daniela Cattani Rusich, lo descrive attraverso le parole di Sara, la ragazza con lo zainetto, coprotagonista del romanzo e, nel medesimo tempo, protagonista  della sua storia, in maniera ironica e molto realistica:

È buffo con quei pochi capelli disorientati in testa…uno qua, uno là, gli spuntano sul capo alla stregua di ciuffetti d’erba secca, conferendogli un’aria stramba, solitario tocco di follia sul viso anonimo e occhialuto, piantato su un corpo lungo e dinoccolato”.

Il signor Nessuno, sembrerebbe un personaggio piuttosto insignificante e che sia nessuno ci viene confermato anche dal fatto che non ha un nome, o quantomeno nel romanzo non viene mai menzionato, pertanto non c’è dato di conoscerlo, ma-oserei dire- neppure immaginarlo, abituati e quasi disinvolti nel lasciarci andare alla sua “nessunaggine”. Eppure è soprattutto lui, cristallizzazione dello stereotipo dell’uomo qualsiasi con la propria ingenuità, con il semplice lasciarsi andare allo scorrere inarrestabile degli eventi a determinare i principali avvenimenti come preannuncia Ariase Barretta nella prefazione.

Un’identità mancata, quella del signor Nessuno che, inconsapevole d’essere il protagonista del romanzo, vive a sua insaputa una vita eroica occultata da una banalissima esistenza. D’altra parte lo racconta egli stesso nella descrizione del suo fine-settimana: “…anche la mia vita è un’immane schifezza: abito solo, il frigorifero perennemente vuoto, nessuno al mondo per cui io conti davvero. Mi sento una specie di uomo invisibile. Un “qualunque” invisibile.”

Un uomo invisibile, come invisibile è la sua esistenza, con tutto il bagaglio di sofferenze che spesso l’invisibilità si porta dietro, soprattutto nei ricordi, come quando, per esempio, si lascia andare al ricordo della sua infanzia parlando della madre: “Ricordo il periodo dell’infanzia: era bella e dolcissima. E quante ne ha dovute sopportare, senza farmi mancare nulla, nonostante l’assenza di papà! Ne abbiamo passate tante noi due.”

Dietro questa vita apparentemente insignificante però si cela un improbabile “eroe sfigato”, un eroe dei nostri giorni certo, inconsapevole d’esserlo e un po’ goffo, impacciato e vagamente pagliaccio, che, compiendo le sue azioni giornaliere, si tira dietro i fili delle esistenze di più personaggi, le cui vite sono abilmente intrecciate nel corso della narrazione con fluidità e meticolosa organizzazione dalla Rusich, “senza scivolare mai nell’incoerenza o nella contraddizione” (A. Barretta).

Il primo dei suddetti personaggi che incontriamo, il cui nome- come vedremo anche per altri personaggi- delinea già da subito la  personalità è “Il Losco”. Come suggerisce il nome egli non è certo un tipo raccomandabile, tuttavia, scoprirete a sorpresa, andando avanti nella lettura, quale sia il suo insospettabile passato prima che diventasse un maldestro e incallito borseggiatore.

Nel secondo capitolo si delinea la storia di Sara, che abbiamo citato poco sopra, “una giovane donna, impulsiva, molto bella e intelligente ma scalmanata come poche” la dipinge così, in pochi tratti, la Rusich. Lei e il suo ragazzo Steven vogliono coronare il loro sogno d’amore fuggendo in Liguria, senza dire nulla alla famiglia di lei. L’amore vero non conosce ostacoli, tuttavia un pizzico di fortuna non guasta mai…e ai due giovani innamorati, come scoprirete più avanti, sarà di grande aiuto.

Nel quinto capitolo troviamo la descrizione di “una vita da cani”, che non è una metafora, stavolta, infatti, il protagonista della storia è proprio un cane. Il nome? Grugno! Vi lascio intuire che vita possa aver fatto lo sfortunato cagnolino, prima abbandonato dalla madre e quindi finito in un canile, poi adottato da una famigliola che però, come spesso accade nella realtà, lo abbandona alla prima occasione… È proprio il caso di dire che “la vita ha due mani grandi: una per togliere, l’altra per dare” come ci ricorda l’autrice in una delle sue citazioni, a metà tra il detto popolare e l’aforisma, poste sempre a chiusa di ogni capitolo.

Questa citazione sembra riferirsi anche alla vita di Patrick, scrittore statunitense di successo, alto, biondo, e con la barba volutamente incolta di quelle che fanno intellettuale. Vicino di casa del signor Nessuno che “incautamente” si lascia andare ad un’insolita amicizia, non priva di un pizzico di gelosia, evidente in alcuni piccoli tratteggi sarcastici delle movenze dello scrittore: “Subito dopo il primo round di “salamelecchi”, citofoniamo a Patrick. Alcuni minuti d’attesa e voilà: scende saltellando sulle scale con la disinvoltura di Gene Kelly, vestito da dandy, profumato come la regina Maria Antonietta e con un sorriso che lo prenderesti a sberle senza pensarci né uno, né due. Le ragazze se lo mangiano con gli occhi e lo salutano piene di entusiasmo.”

Altro personaggio chiave delle vicende che si intrecciano, come tanti fili, nella vita del signor Nessuno, è Claretta, una vedova di settantasei anni che è ancora autonoma e se la cava più o meno bene in tutto anche se è sola.

Nel frattempo il signor Nessuno che fine ha fatto? Beh più o meno la solita noiosa vita di “solitario sfigato” a cui , tornato a casa, dopo aver fatto la spesa, le uova (la sua cena) rovinano in terra, lasciandolo digiuno e col pavimento da pulire: “Brontolando, prendo dal ripostiglio il Mocio vecchio di tre anni e rimuovo con cura ogni traccia del misfatto. Per la casa si diffonde l’inconfondibile olezzo di cadavere putrefatto, sprigionato dall’ormai abusato attrezzo del mestiere: Terminate le operazioni di pulizia, comincio a distribuire i vari prodotti nella dispensa e nel frigorifero”.

Certo, al signor Nessuno “basta stare in pace e condurre un’esistenza normale…magari con un po’ meno di sfigaecco: quella non sarebbe una cattiva idea!… “ ma, come sempre, si trova a dire “sospetto non sia segnata sul calendario del mio destino”.

La Rusich tratteggia tutti i personaggi con grande attenzione, li caratterizza nel fisico, nelle espressioni, nel parlare e nelle vicende con apparente naturalezza. L’intreccio ben riuscito, le consente anche di giocare con ironia con la loro vita passando da scene tragicomiche a eventi tragici e commoventi con grande disinvoltura. È il caso, per esempio, di Felice Malasorte, poliziotto dall’esistenza felice ma ingrata nella sorte che gli è riservata…Tuttavia il destino non negherà neppure a lui un risarcimento morale e lo renderà protagonista di un felice epilogo.

Accanto al signor Nessuno aleggia una figura quasi surreale, esisnessunotente e inesistente al medesimo tempo, per più personaggi della trama. “Laura non ha avuto una vita facile. Da quando suo padre aveva abbandonato la famiglia, era cresciuta con la madre che mia più le aveva parlato di lui.”

Compagna d’ufficio del signor Nessuno e “fidanzata senza saperlo” con lui, è al centro della vicenda più commovente di tutto il romanzo, che s’intreccia con quella di un altro personaggio: “Il Barbone”. Una figura emarginata e ai margini del romanzo anche, il cui passato  lo ha portato a vivere sulla strada, ma a cui, la sorte, intrecciando i fili delle esistenze ha riservato un inaspettato epilogo.

Ventisei capitoli, poco più di cento pagine che si leggono tutte d’un fiato, un lessico semplice e colloquiale variegato in tutte le lingue dei personaggi,   una storia divertente, ironica e a tratti commovente,  che ne contiene tante altre, e che si snocciola in un crescendo di emozioni e travolgimenti fino a giungere a un progressivo momento di agnizione che coinvolge il lettore e tutti i personaggi, fuorché uno…

Tanti i personaggi, tante le storie diverse  e tanti gli intrecci di un unico filo: la vita intessuta con sapienza dai passi dinoccolati del Signor Nessuno a cui nessuno però (passatemi il pasticcio di parole) ha detto di aver “salvato quel  piccolo microcosmo di vite” che è il romanzo. L’identità mancata del signor Nessuno è racchiusa tutta nel “non nome” di questo personaggio che scopriamo, infine, essere l’unico vero autore di tutta la storia. C’è Nessuno?

Valentina Meloni

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