Carina Negrone di Cambiaso

4-Carina-NegroneÈ il 20 Giugno 1935. Nell’aeroporto di Guidonia nei pressi di Roma, una giovane donna in tuta di volo si avvia verso la pista di decollo. Nel breve tragitto è accompagnata dal Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica italiana e da un amico pilota, Mario Pezzi, il cui nome sarebbe diventato celebre nella storia dell’aviazione. Dietro di loro segue un gruppo di tecnici e specialisti, due dei quali hanno in mano una piccola scatola sigillata…
La donna si chiama Carina Negrone, ha 24 anni ed è moglie del marchese Ambrogio Negrone di Cambiaso. La posizione sociale spiega la ragione di tanto seguito sulla pista, ma è stato il sostegno di un influente personaggio, anche lui amico e pilota, che ha consentito a Carina di cimentarsi nell’avventura di oggi: è Italo Balbo, il famoso protagonista delle Crociere Atlantiche e, in quel momento, ministro della Regia Aeronautica.
Carina ama lo sport e ne pratica diversi: il volo che all’epoca aveva una forte connotazione di sfida sportiva, non poteva non attrarla. Di fatti due anni prima aveva conseguito il brevetto di pilota e già aveva all’attivo un primo record di volo, ottenuto raggiungendo la quota di oltre 5000 metri a bordo di un velivolo anfibio.
Ora Carina si proponeva di superare il record femminile di volo in altezza detenuto dalla francese Maryse Hilsz con 11.289 metri. Per prepararsi all’impresa si era sottoposta a mesi di pesante allenamento attraverso lo stesso iter addestrativo praticato dai suoi colleghi. L’aeroplano che dovrà pilotare è un Caproni Ca.113, un biplano maneggevole e con eccellenti qualità acrobatiche, modificato con un motore più potente e un semplice impianto per l’erogazione dell’ossigeno. È lo stesso aeroplano con cui l’anno precedente (1934) un altro famoso recordman dell’aviazione italiana, Renato Donati, aveva conquistato il record di altezza superando i 14.000 metri. Per la cronaca, subito dopo l’atterraggio Donati era svenuto all’interno dell’abitacolo.acg_personaggi_negrone_1
I medici militari avevano consigliato a Carina di non superare l’altezza di 11.000 metri, rinunciando al record, qualora avesse avvertito difficoltà respiratorie: in quota, temperature e carenza di ossigeno erano i nemici più pericolosi.
Carina indossa una tuta termoelettrica che la proteggerà dal freddo e, sotto il caschetto di pelle, un passamontagna di lana per sopportare il vento alla velocità di circa 200 km l’ora. Il pacco del paracadute sulle spalle è l’ultima ingombrante parte di equipaggiamento prima di salire a bordo.
All’interno del velivolo vengono collocate le due scatole sigillate affidate agli specialisti: sono due barografi che registreranno la variazione di pressione atmosferica per mezzo della quale, al rientro, sarà possibile calcolare la quota raggiunta.
Tutto è pronto e Carina effettua un perfetto decollo. Sale regolarmente in quota; la temperatura scende fino a meno 35°, l’ossigeno diminuisce sensibilmente. Carina comincia ad avvertire un certo stordimento, uno stato di blanda euforia, ma continua a salire, finché sente di aver raggiunto il suo limite; allora livella il velivolo e inizia la discesa. Il volo si conclude con un felice atterraggio.
I barografi vengono prelevati dal velivolo per l’analisi dei dati registrati. I calcoli dimostreranno che Carina ha toccato la quota di 12.043 metri, 754 metri in più del record precedente. Il titolo è suo.863_001
Il successo le viene riconosciuto con l’assegnazione di una medaglia d’oro al valore sportivo, ma soprattutto la colloca nel novero di una terna prestigiosa della storia italiana del volo, accanto a Mario Pezzi, che due anni dopo conseguirà il record di altezza per piloti militari, sottraendolo agli inglesi che lo avevano strappato proprio a Renato Donati.
Carina Negrone rimase attiva nel mondo del volo per tutta la vita, partecipando a molte altre competizioni internazionali, fondando una scuola di pilotaggio e conquistando vari primati mondiali, tra i quali l’ultimo, nel 1954, volando da Brescia a Luxor in Egitto per tremila km senza scalo, a bordo di un P.136, uno dei migliori velivoli della Piaggio.
È scomparsa nel 1991, all’età di 80 anni, nello stesso paese di Bogliasco, sulla Riviera di Levante nel quale era nata.
Nel 1996 le Poste Italiane le hanno dedicato un francobollo della Serie “Donne famose”.

Geremia Doria

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