Nei versi di Marino Santalucia aleggia la stessa “aria” rarefatta di un “Congedo” di Caproni, poeta della malinconia. L’autore ci rivela la sua “epifania del poco”, come ebbe a dire Calvino, parlando del sentimento residuo che avanza nella poesia moderna filtrato da una ragione malinconica. Qui l’apparizione è prima di tutto musicale, quasi “in punta di piedi”, musica di un verso in dissolvenza, costantemente minacciato dal silenzio o dal rumore dei “cespugli di parole”. Dunque la parola della poesia si rivela quale strumento privato e prezioso di evocazione di certi indicibili stati emozionali.
Bucando la vita
E scendevo
piano piano,
senza far rumore
la polvere danzava sulle scale,
un pentagramma
su cui le note
si librano leggere
in punta di piedi,
cercando di toccare il cielo,
zoppicando
avvolte da cespugli di parole,
bucando la vita, mentre
ci aggrappiamo completi,
fisici alla verità, resina di pigna
annerita dal tempo
ritorna, al corpo mio.
Lascia un commento