Parole, quelle di Antonella Lucchini, di esortazione verso tutte le donne a non tacere le violenze subite, a non fingerne la non esistenza, invocazione ma al contempo supporto complice di donna e poeta, a non allevare dentro di sé il terrore che cresce a dismisura nel grembo quale doloroso frutto di un perpetrato dolore e si alimenta giorno dopo giorno del silenzio di ognuna di loro. Di ognuna di noi. (Laura Di Marco)
MIO FIGLIO CALVARIO
L’unico figlio che ho potuto avere
si chiama Calvario.
È nato una sera di giugno
mentre l’estate piombava
sul balcone e sulle mie guance gonfie.
È cresciuto smisuratamente
quanto il mio terrore
di sbagliare a parlare
di sbagliare sguardo
di respirare quando non devo.
Si può odiare il proprio figlio?
Si deve.
Soprattutto si devono riunire
le botte, le lacrime, la paura
e buttarle nel cesso.
Oppure quella mano non si fermerà,
diventerà sempre più veloce
sempre più crudele
sempre meno punibile.
Vi dovete rialzare
sorelle, figlie
anche l’angolo più acuto
in cui vi nascondete
favorisce la spinta
anche la pelle sottile
dagli ematomi
ha la forza per sopportare
la ribellione.
Vi offro la mia voce libera e complice.
Ditelo con me:
l’amore che fa sanguinare le labbra
ha il nome sbagliato.
L’amore che fracassa i denti
l’amore che ti fa quando non vuoi
l’amore che ti manda in corto il cervello
l’amore a cui piaci bambola rotta
l’amore che ti scioglie il naso e ti incolla gli occhi
ha il nome sbagliato.
Ribattezzalo.
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