Nelle strofe lunghe e dal ritmo serrato di Andrea Borrelli riecheggiano i dati di una realtà in disfacimento. Il contraccolpo delle crisi e degli orrori mondiali giunge “per le strade delle nostre capitali” filtrato dal cinismo dei nostri piccoli emblemi quotidiani. Così Borrelli nei suoi versi rimescola sapientemente i miti di “plexiglas” di questa società del profitto ormai fallito (“dai tacchi a spillo rotti” alla “faccia in chirurgia estetica anestetizzata”) in una lunga parabola di scrittura critica e metaforica. Scrittura densamente espressiva che denuncia una impossibilità attraverso l’uso di immagini suggestive come ad esempio il “cercare tra le migliaia di aghi di paglia”. (Letizia Leone)
CEP
Rimando a voi
La scelta nei cortili bui delle case popolari
Sotto i portici i lampioni con le lampade rotte
La pioggia di sassi sugli uomini in tuta blu te la ricordi?
Nei pozzi luce dei condomini si gettava l’immondizia
Quel giorno per le strade di Fort Apache
Gironzolava un cavallo bianco con le macchie marroni
Gli zoccoli duri sbattevano sull’asfalto rotto
Sotto il ponte dell’autostrada aveva fatto il cacatoio
Hai presente quando si staccava i pezzi di fumo con i denti?
Vennero a prenderlo
Cercarono ma non ci riuscirono perché erano in trenta
A difenderlo
Il cavallo però riuscirono a portarselo via
Lui dovette aspettare qualche anno ancora
Prima di trovarsi un buco in testa
Lo sparo della disperazione di chi aveva di fronte
Dalla parte di quale me da odiare o santificare resteremo questa volta?
***
-Rimorso-
Gridando sdraiato
potrò ascoltare meglio
il rimbombo della mia voce
per tutta la lunghezza del corpo.
Riuscirò a sentire meglio
le braccia e le gambe,
il pesante battere del cuore,
il rumore dell’ aria
che entra fischiando
nel vento ai polmoni.
I gorgoglii dello stomaco
striduli rigonfiano.
Ancora dentro sento
gridarmi contro
il quieto vivere del giorno.
-Nato-
Stava lì fermo
non poteva muoversi
su e giù tra laringe e faringe
si dimenava bloccato
quando poteva riusciva
a spingersi fino alla punta della lingua
ma di più non osava
scendere come sabbie mobili
la saliva ogni volta inghiottiva
fino al giorno quando le lancette
trovarono tempo in quel posto
non si tirò più indietro
finalmente allora si fece vedere
negli occhi stupiti degli Alti
trovò pace in aria
musica calda
scosse il vento freddo
facendo più rumore
di quanto volesse
ancora
prese forma
fece suono
uscì l’urlo.
-Insofferente-
Cercare fra le migliaia di aghi di paglia.
Poi anche fosse quello vero
per la cruna non va cammello.
Trovare nell’infinità oceano
naufragato in mezzo al sale
un porto sicuro cui approdare.
Vessare d’odio chi
non comanda niente
e suda per la Mente.
Sento il vento tra collo e mento.
Eco spento al sentimento.
Certo di un gesto lento
gioco alla sfortuna
per il gusto del tormento.
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