la quattordicesima InSistenza

In un’epoca come la nostra, il moltiplicarsi di siti web, social network, applicativi e altri sistemi tecnologici costringe il pubblico ad inventarsi sempre più credenziali (reali o di fantasia) per la registrazione e accesso agli stessi. Esigenze di riservatezza da una parte o desiderio di poter sperimentare identità “altre” rispetto a quella abituale, possono, pertanto, indurre gli utenti alla creazione di alias, o nick, attraverso i quali avere l’opportunità di mettere in gioco aspetti della personalità che normalmente rimangono inespresse, o di parcellizzare l’identità in una molteplicità di entità differenti, a seconda dei contesti in cui ci si inserisce.
Movimento moltiplicatorio, quello descritto sopra, speculare ai mutamenti sociali descritti in modo approfondito da Z. Bauman, che portano, dal punto di vista formale, ad uno scollamento, un corto circuito tra semiotica e mondo reale, con la sua struttura di soggetto/verbo/oggetto, una risposta al quale viene individuata nella “anti-forma-poesia”, proposta da una “neon-avanguardia”, che mira a riformare l’intera grammatica novecentesca (I. Pozzoni).
Riavvolgiamo poi il nastro e, dalla contemporaneità, ci lasciamo proiettare nel clima della Roma degli anni ’60 (S. Scaloni), dove, assisteremo, in particolare, alle realizzazioni de “L’immortale” (così soprannominato a seguito di una sua opera) Gino De Dominicis, la sua evoluzione artistica, le sue provocazioni e la sua ricerca artistica, tutta protesa allo svelamento di una realtà parallela.
Ultima frontiera della moltiplicazione delle identità, il tributo alla (ri)scoperta della dimensione comunitaria dell’arte (quindi non frutto dell’ingegno di un singolo individuo) ad opera di E. Di Giovanni, che ci ricorda come, per secoli, l’esistenza di una realtà sociale che rendesse possibile il linguaggio e quindi i pensieri, rientrasse nel sentire comune e come questo aspetto sia stato ripreso in tempi più recenti dai vari collettivi degli anni ’70 o nella prassi di firmarsi con pseudonimi.
Seguono due interventi su artisti, entrambi inglesi e interpreti in modo diverso della tecnica del collage, che risvegliano lo sguardo dell’osservatore spronando l’inconscio a ricostruire un’identità modificata ad arte. Scopriamo quindi i lavori ibridi e surrealisti di John Stezaker (L. Costantini) e l’immaginario “uncanny” Julie Cockburn (G. Marchis).

Potremmo infine chiederci, con Shakespeare, “Che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.”, consapevoli che l’Arte, come la Natura, trascende il singolo e mira, invece, ad un’essenza sovrapersonale e universale.

Alessandra Carnovale

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