Sugita Hisajo, il cui vero nome era Sugita Hisa, è stata una poeta del periodo Showa. Nata nel 1890 a Kagoshima, terza figlia di un alto funzionario statale, frequentò l’università di Tokio e si sposò giovanissima con un pittore, accettando malvolentieri che questi si impiegasse successivamente come insegnante di disegno.
Nel 1916, il fratello, il poeta Akahori Getsuken andò a vivere con lei e forse questo determinò il passaggio della sua scrittura dalla narrativa, che Hisajo aveva tentato fino ad allora, agli haiku, di cui il fratello aveva indirizzato la conoscenza. L’occasione propizia fu offerta, oltre che da queste contaminazioni familiari (che condurranno anche la sua primogenita a diventare haijin), dalla rivista letteraria di stile tradizionalista Hononogisu (Cuculo) il cui direttore Kyoshi Takahama aveva aperto una rubrica specifica con l’intento di propagandare testi scritti per mano femminile.
Il suo primo haiku fu pubblicato nel numero di gennaio del 1917, e Hisajo entrò a far parte della corrente dei poeti Taisho Hototogisu la cui caratteristica consiste in una tecnica letteraria atta a creare una pseudo-prospettiva, combinando nell’haiku un’immagine che comprenda un “primo piano” e un “paesaggio lontano”; gli occhi del poeta si focalizzano su punti di vista distanti con lo scopo, ad esempio, di presentare l’immagine imponente di una montagna o di una valle profonda contestualmente ad un primo piano messo in risalto da elementi ugualmente in vista.
Negli haiku di Hisajo, quando il paesaggio e il primo piano coesistono come in un gioco di luce e rilievi, ogni parte descritta reclama una sua preminenza per non essere secondaria all’altra. La presenza di questi due elementi di visione prospettica, che affermano la propria autonomia come in un dramma con due protagonisti, impone una lettura attenta di tutti i dettagli conferendo alle composizioni una profondità specifica, tanto che viene considerata tra i precursori della scrittura moderna degli haiku.
Dopo una collaborazione ventennale con la rivista Hototogisu, nel 1936 venne espulsa a causa del suo temperamento marcatamente indipendente e sprezzante delle convenzioni (traspose nelle sue composizioni sentimenti di ispirazione femminista e cristiana), nonostante avesse mostrato un talento particolare proprio per l’esplorazione di nuove possibilità descrittive. Anche l’essersi convertita assieme al marito al Cristianesimo nel 1922, le procurò delle inimicizie confermando la tendenza a considerarla come una donna poco incline al rispetto delle tradizioni culturali.
Nel 1932 fondò la rivista “Hanagoromo” diventandone caporedattora, ma varie difficoltà ne imposero la chiusura dopo solo cinque edizioni.
Trascorse gli ultimi anni di vita in solitudine, afflitta da una malattia renale causata dalla cattiva alimentazione patita durante la guerra. Morì ad appena 57 anni il 21 gennaio 1946 nel sanatorio Dazaifu. Per tutta la vita invisa ai letterati ufficiali dell’epoca, che faticavano a riconoscerla come haijin, i suoi haiku ebbero finalmente pubblicazione postuma nel 1950.
Dona Amati
Rammendo calze!
non son diventata Nora io,
ma la moglie di un insegnante.
(la poeta fa riferimento a Nora, la protagonista di Casa di bambola di Ibsen, pensata come modello di libertà da molte giovani donne giapponesi)
**
La prua della barca
è uscita
insieme alla luna.
**
Rugiada su una foglia di taro.
Le montagne variano
le loro ombre.
**
Germogli di miosotide.
Due sedie sulla
collina di Jikkatsu.
**
Le gru terminano di danzare
alte sulle gronde
nel chiarore lunare.
**
Sono sola
leggo la Bibbia
come i fiori cadono sotto la pioggia.
**
Mi tolgo il vestito hana-goromo.
La treccia di spago
intorno al mio corpo.
**
Petali di crisantemo.
Curva in loro il candore
sotto la luna.
**
In una giornata di crisantemi
scuoto e pettino i capelli bagnati
Lasciando le gocce cadere.
**
Nella corrente della marea
un ciuffo di alghe passa
come una freccia.
**
Autunno denso di nubi
sul viso vecchio.
Arriva mia madre.
Lascia un commento