MENTRE IO CERCAVO GLI SPICCIOLI
Aggrappato con le poche unghie rimastemi
allo strapiombo del terrazzino
buffamente penso a te
e dentro di me, amaro, sorrido
per ciò che siamo diventati adesso…
Eppur lo ricordo il tepore delle tue labbra
posarsi leggere sulle pieghe degli occhi
in quel giorno autunnale cenare
unici clienti in quel chiosco
con l’ambizione del ristorante
adagiato sul mare e ai suoi scrosci
le matasse di alghe in balìa del grecale
distanti da tutto fuorché da noi
e poi, e poi, e poi… gli spaghetti con le vongole
erano buoni davvero
e facevan arabeschi sotto il pergolato in canniccio
mentre io cercavo gli spiccioli
per sfamare il juke-box e la mia sete di musica
“All you need is love” per colonna sonora
in quella dolce e vibrante domenica…
Ricordi la risata che ci siam fatti
quando ci han detto“certo che c’è una stanza…!”
e per noi era abbastanza
o, meglio, era tutto
tutto quello che ci avrebbe riservato la notte
ognuno avvinghiato per sempre all’altrui destino…
Eppoi gli anni, il declino, gli inganni
i musi, il mutismo e i tradimenti
liti col coltello e coi morsi
il confronto a graffi e corpi contundenti…
E ora, quando le mie dita saran troppo stanche
per sopportare ancora le tue torture
precipiterò in silenzio nel vuoto
spiaccicandomi con un solo breve singulto
tra i cassonetti della differenziata
e tu (ah, questo destino…!)
finirai per sempre in galera!
Però avresti potuto dirlo quel giorno, mia cara
che non sopportavi il mare, le vongole… e i Beatles.
ROMA BRUCIA
Ai fratellini Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian morti bruciati vivi a Roma il 6 febbraio 2011
Il rovente orizzonte di lamiere ondulate
mi graffia gli occhi, mi piglia a schiaffi
l’acre odore di quattro corpicini in combustione
urla il tormento per quella cruda indecenza.
Un pupazzetto di plastica accasciato in un angolo
continua a sorridere malgrado tutto
non è certo questo il momento di interrompere la sua funzione
solo quando Raul sarà un mucchietto di cenere
si lascerà travolgere anche lui dall’onda di fuoco
e mentre il calore lo scioglierà
muterà il sorriso di fabbrica in un ghigno di orrore.
Poi sarà tutto una lucida crosta nera
lugubri fiori di fumo, veleno nell’aria…
una buona scusa per spingere i rom
ancor più lontani dal centro.
SENZA ORTO NE’ PORTO
Senza orto né porto te ne vai dribblando
sassaiole esanimi di manicomi incompiuti
l’abito logoro sulla pancia sacca molle
per scarsa attività protratta non programmata.
La stanza che contiene il tuo corpo stanco
loculo gonfio di umido e di muffa
carrucole cigolanti sul cavedio il vuoto
il lamento (o il canto?) di chi stende salme
sulle corde bagnate di quest’immane freddo
(non si scendeva di così tanto da anni
sotto lo zero assoluto la voragine feroce)
fame lenita a sforzo da una grossa latta di conserva
piena di poesia a lunghissima scadenza
da aprire prontamente in caso di scoraggio
e spalmarla senza alcuna parsimonia
su fette di pane fatto d’aria fritta.
Perché, vedi, il tempo è spesso un’interminabile biscia
una moneta stronza che urla “croce”
quando avresti spergiurato “testa”
allora, dovrai rimboccarti in fretta
perché senza orto né porto
ne farai ben poca di strada…
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