Se Arthur Rimbaud non fosse partito per l’Africa – Sara Sassi

  

L’INIsmo (dall’acronimo I.N.I. per Internazionale Novatrice Infinitesimale) è un movimento di avanguardia artistica, attivo e in espansione. Fondato a Parigi, al Café de Flore, il 3 gennaio del 1980, da Gabriel-Aldo Bertozzi, si è diffuso rapidamente in Europa e nelle Americhe. L’INIsmo si propone di accogliere in un’unica corrente mondiale tutte le creazioni poetiche, di qua e di là dalla parola. Tanti messaggi che possono essere trasmessi in simultaneità, superando i vecchi settori operativi, quali poesia, pittura, musica, fotografia, cinema ecc. con le conseguenti fusione e sovrapposizione di tutti i generi espressivi. Al centro della nuova estetica inista, il termine “infinitesimale”, l’idea di un infinito ultramicroscopico, sconosciuto e difficile da immaginare: come nella fisica si è giunti alla scissione dell’atomo, così con l’INIsmo si è giunti alla scissione della parola. I segni diventano allora un’orchestrazione di sentimenti e pensieri, di forme e colori, d’idee e sensibilità; nel linguaggio inista sono chiamati “inie”. Se Arthur Rimbaud non fosse partito per l’Africa, forse, non saremmo stati qui, ora, a parlare di INIsmo e forse neppure delle avanguardie artistiche. Non nello stesso modo, né con le coordinate critiche che conosciamo. In effetti, l’incontro con il continente nero, per Rimbaud, rappresentava un punto di non ritorno. Erano crollate le certezze nei moduli espressivi che prima gli erano familiari e voleva superare – nella vita – i limiti delle strutture poetiche precedenti. Fu allora che egli aveva avvertito la prospettiva di un’imminente frammentazione del linguaggio che avrebbe permesso di trasmettere una più ampia scala di emozioni, colori, sapori, profumi. Fu allora che il poeta di Charleville aveva compreso che i tempi non erano ancora maturi per attuare questa rivoluzione. Era presto per trasformare la poesia, non per trasformare la vita: «Il poeta dell’esplorazione diventava l’esploratore della vita» (così lo definiva l’inista Angelo Merante in un suo scritto). Il nuovo linguaggio poetico, un giorno, sarebbe stato davvero universale e avrebbe potuto amalgamare tutti i popoli. Ancor più che una struttura di “segno”, esso avrebbe avuto una sottile struttura alchemica: il suo “oro filosofale” avrebbe posto il lettore di fronte a se stesso, destando in lui dubbi e interrogativi su come tradurre il “sentire” in “creazioni della mente per la mente”. L’INIsmo – maturati i tempi – si è apertamente proposto come avanguardia (anche nel senso di “aver compreso prima di altri le nuove traiettorie creative” e di “aver lottato sistematicamente per farle affermare”) e sviluppa e diffonde un linguaggio creativo universale, costituito da segni, vale a dire inie. Con la «Lettera del Veggente» Rimbaud aveva dimostrato di essere consapevole del cambio di direzione della futura creatività poetica e si era fatto veggente di una nuova prospettiva del linguaggio poetico, finalmente esteso all’universalità. Il Rimbaud che tornava dall’Africa, malato e sofferente, non era più lo stesso uomo, il suo grido di dolore era divenuto il paradigma del bisogno di esplorare e svelare – “a tutti” e “per tutti” – i campi futuri della creatività poetica. L’esito fatale della sua malattia non gli aveva permesso di fare i conti, con decenni d’anticipo, con quella rivoluzione (poetica e culturale) che aveva immaginato. Tutta l’evoluzione dell’avanguardia ha dovuto tener conto della poetica di Rimbaud. Qualcuno è andato oltre. Gli inisti, nei manifesti della corrente e in vari altri scritti, hanno infatti riconosciuto la validità delle sue intuizioni e soprattutto la sua capacità di anticipazione. Il suo “ruolo oscuro”, ora più che mai svelato, ha permesso al fondatore dell’INIsmo di formulare – in modo sintetico – una silloge centrale della rivoluzione (poetica e culturale ed etica) dell’avanguardia inista: «il poeta si fa veggente come il creatore è colui che prepara il poeta di domani».  [SS]

   

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