
Arthur Janov, psicologo statunitense, nel 1970 pubblica un saggio dal titolo “The Primal Scream” secondo cui l’uso della voce attraverso l’urlo primordiale o primario, riconducendo alle origini, porta l’individuo che lo compie a ricongiungersi, in una sorta di rinascita, con la propria psiche liberandola dalle proprie paure e traumi attraverso l’esternazione di rabbia ed emozioni.
E sono dunque grida quelle che provengono dalle voci dei nostri poeti; urla di sdegno, di denuncia, di dolore e di protesta. Ma anche grida di battaglia contro abusi e violenze, affinché si faccia di ogni singola voce un unico, potente, ed anche terapeutico grido. Componimenti che posseggono la forma leggera di un sussurro e la forza di contenuto di un boato.
Ed è qui che l’arte ed in questo caso la poesia sussurrata e gridata, diviene arma di difesa sia da se stessi, ovvero dai propri timori, sia da una società che impone spesso il silenzio/assenso all’uniformità, all’ipocrisia, all’indifferenza, e scaglia stilettate ovunque possa esprimersi, su fogli, su muri, sulla pelle, attraverso la forza unica e dirompente della parola.
Laura Di Marco
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